"Ingegnere per vocazione, fotografo per passione"
 

Questo era il mio nuovo paese

Questo era il mio nuovo paese. Presi bambino e moglie e dissi: – Andiamo a fare un giro, andiamo fino al mare.

Era sera. Passavamo per viali e strade a scale. Il sole batteva su uno spigolo della città vecchia, di pietra grigia e porosa, con cornici di calce alle finestre e i tetti verdi d’erba. Nell’entroterra la città s’apriva a ventaglio, s’ondulava in versanti di colline, e dall’uno all’altro lo spazio era colmo d’aria limpida, a quest’ora color rame. Nostro figlio si voltava stupito a vedere ogni cosa e a noi toccava prendere parte alla sua meraviglia, ed era un modo per riaccostarci al blando sapore che ha a momenti la vita e ricondurci al passare dei giorni.

“La formica argentina” | Italo Calvino

Dietro il milite … dietro il partigiano …

Dietro il milite delle Brigate nere più onesto, più in buonafede, più idealista, c’erano i rastrellamenti, le operazioni di sterminio, le camere di tortura, le deportazioni e l’Olocausto; dietro il partigiano più ignaro, più ladro, più spietato, c’era la lotta per una società pacifica e democratica, ragionevolmente giusta, se non proprio giusta in senso assoluto, chè di queste non ce ne sono.

“Il sentiero dei nidi di ragno” | Italo Calvino

L’opera d’arte

L’opera d’arte è un motore, su cui tu puoi intervenire con l’acceleratore o con il freno. Non vive di vita propria. Anche se appare conclusa, essa non è mai finita: basta lo sguardo di un attento osservatore per farla rivivere. Ha bisogno, un bisogno assoluto, del riguardante. Così come la più bella sinfonia ha bisogno dell’esecutore perché possa risorgere dal silenzio. La creatività non è prerogativa dell’artista, ma patrimonio comune, scambio, intreccio.

Giò Pomodoro intervistato da Eugenio Manca in “I ferri del mestiere”

tu lo chiami e lui non risponde

C’è un bellissimo film, odorante di porto, ambientato in una Genova blues sensuale e notturna, punteggiato da una pioggia perpetua che sciorina cantilene; un film madido d’infinita malinconia. S’intitola Stregati e lo ha scritto, diretto e interpretato un altro grande artista: Francesco Nuti. Soltanto alla fine, nell’ultima scena, in un largo sospiro il cielo s’acquieta e Francesco (che nel film è Lorenzo) può chiudere (o forse soc- chiudere) l’ombrello. Quella di Nuti è la Genova di Sbarbaro, di Caproni, di Campana seduto sul molo incantato dal canto del mare: tu lo chiami e lui non risponde. È la Genova che il musicista Giovanni Nuti, fratello di Francesco, ha tradotto in una toccante colonna sonora. Qui ogni suono è una goccia, abbrividisce l’anima.

Emiliano Cribari in “La cura della pioggia”

Guardare le pietre, vedere le persone

Guardare le pietre, vedere le persone: quelle di ieri, quelle di oggi, quelle di domani.

da “Se amore guarda” di Tomaso Montanari

La pioggia

La pioggia, “come chi entra in una casa abbandonata con gli occhi e le mani ridà vita a ogni cosa, offre un suono a tutto ciò che incontra ricreandone gli odori: l’asfalto, le persiane, le ringhiere, i vasi, i tetti delle case.”

da “La cura della pioggia” di Emiliano Cribari