“L’allievo d’un grande fabbro di spade pretendeva d’aver superato il maestro.
Per provare quanto le sue lame erano affilate, immerse una spada in un ruscello. Le foglie morte portate dalla corrente passando sul filo della spada venivano tagliate in due di netto.
Il maestro immerse nel ruscello una spada forgiata da lui. Le foglie correvano via evitando la lama.”
Apologo Zen ripreso da Italo Calvino in “Collezione di sabbia”
Citazioni
Il tempio di legno
“… l’antichità in Giappone non ha la sua sostanza ideale nella pietra come in Occidente, dove un oggetto o un edificio solo se si conserva materialmente viene considerato antico.
Qui siamo nell’universo del legno: l’antico è ciò che perpetua il suo disegno attraverso il continuo distruggersi e rinnovarsi degli elementi perituri. Questo vale per i giardini come per i templi e i palazzi e le ville e i padiglioni, tutti in legno, tutti molte volte divorati dalle fiamme degli incendi, molte volte ammuffiti e imputriditi o mandati in polvere dai tarli, ma ricomposti ogni volta pezzo per pezzo: i tetti di strati di scorza di cipresso pressata che vengono rifatti ogni sessant’anni, i tronchi dei pilastri e delle travature, le pareti di tavole, i soffitti di bambù, i pavimenti ricoperti di stuoie …”
Da “Il tempio di legno” in “Collezione di sabbia” di Italo Calvino
“essere nel giusto è troppo poco”
«Chi agisce bene nella storia, – provò a concludere, – anche se il mondo è il “Cottolengo”, è nel giusto.» E aggiunse in fretta: «Certo, essere nel giusto è troppo poco».
Amerigo in “La giornata di uno scrutatore” di Italo Calvino
Il rovescio del sublime
“C’è una cosa che mi sembra di cominciare a capire, qui a Kyoto: attraverso i giardini, più che attraverso i templi e i palazzi. La costruzione d’una natura padroneggiabile dalla mente perché la mente possa ricevere a sua volta ritmo e proporzione dalla natura: così potrebbe definirsi l’intento che ha portato a comporre questi giardini.
Italo Calvino in “Collezione di sabbia”
Tutto qui deve sembrare spontaneo e per questo tutto è calcolato: i rapporti tra i colori delle foglie nelle varie stagioni, tra le masse di vegetazione secondo il loro diverso tempo di crescita, le irregolarità armoniose, i sentieri che salgono e scendono, gli specchi d’acqua, i ponti.
(…)
Ogni aspetto del giardino è inteso a provocare ammirazione, ma con i mezzi più semplici: tutte piante familari, nessuna ricerca d’effetti sensazionali. Quasi assenti i fiori; qualche camelia bianca e rossa; è autunno, e i colori sono le foglie a darli; ma sono assenti anche le piante da fiore; a primavera saranno gli alberi da frutto a fiorite.”
Col libro capovolto
“Prendi la posizione piú comoda: seduto, sdraiato, raggomitolato, coricato. Coricato sulla schiena, su un fianco, sulla pancia. In poltrona, sul divano, sulla sedia a dondolo, sulla sedia a sdraio, sul pouf. Sull’amaca, se hai un’amaca. Sul letto, naturalmente, o dentro il letto. Puoi anche metterti a testa in giú, in posizione yoga. Col libro capovolto, si capisce.
Italo Calvino in “Se una notte d’estate un viaggiatore”
(…)
Bene, cosa aspetti? Distendi le gambe, allunga pure i piedi su un cuscino, su due cuscini, sui braccioli del divano, sugli orecchioni della poltrona, sul tavolino da tè, sulla scrivania, sul pianoforte, sul mappamondo. Togliti le scarpe, prima. Se vuoi tenere i piedi sollevati; se no, rimettitele. Adesso non restare lí con le scarpe in una mano e il libro nell’altra.”
Il vedere e la lettura del mondo
Nuovo del paese, sono ancora nella fase in cui tutto quel che vedo ha un valore proprio perché non so quale valore dargli. Basterebbe che mi fermassi un po’ in Giappone e certo anche per me diventerebbe un fatto normale che la gente si saluti con ripetuti profondi inchini, anche alla stazione; che molte signore, soprattutto anziane, portino il chimono col fastoso fiocco sulla schiena che forma una lieve gobba sotto il soprabito e procedano coi piccoli passi trotterellanti dei piedi biancocalzati.
Quando tutto avrà trovato un ordine e un posto nella mia mente, comincerò a non trovare più nulla degno di nota, a non vedere più quello che vedo. Perché vedere vuol dire percepire delle differenze, e appena le differenze si uniformano nel prevedibile quotidiano lo sguardo scorre su una superficie liscia e senza appigli.
Viaggiare non serve molto a capire (questo lo so da un pezzo; non ho avuto bisogno d’arrivare in Estremo Oriente per convincermene) ma serve a riattivare per un momento l’uso degli occhi, la lettura visiva del mondo.
Italo Calvino in “Collezione di sabbia”