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L’albergo diffuso
di Laura Galassi da Vita Trentina del 15 aprile 2009
L’albergo diffuso è un modello di ospitalità turistica che punta a mettere in rete diverse proprietà private, senza costruire nuove strutture ma ristrutturando quelle già presenti. I servizi di ristorazione ed intrattenimento vengono fruiti dal turista direttamente sul territorio.
In questo modo l’albergo diffuso funge da presidio sociale, animando i paesi e generando indotto economico. Il visitatore ha inoltre la possibilità di conoscere veramente il territorio.
Global Village 3 : La crisi dei piccoli negozi, tante chiusure in centro
di Michele Comper (da L’Adige di Mercoledì 17 giugno 2009)
Sabato sera le serrande della rivendita Sav di piazza Cal di Ponte si sono abbassate per l’ultima volta. Una parte dei prodotti saranno sugli scaffali della famiglia cooperativa, soluzione già sperimentata altrove e legata alle note difficoltà della Società agricoltori Vallagarina, ma sono almeno due gli altri negozi del centro storico che s’apprestano a mettere fine all’attività. Una lunga, inarrestabile agonia, quella del piccolo centro moriano, che pur in atto da tempo (e legata a dinamiche ben più ampie), per molti è difficile non mettere in relazione alla nascita del mega centro polifunzionale nell’area Pgz9. Dove – accanto ad un’infinità di attrattive e servizi – sono previsti quasi 60 nuovi negozi di tutte le taglie. Dal negozietto di vicinato, stile piccola frazione, al megastore tipo Affi.
«Già l’apertura del Millennium ha fatto calare il numero di clienti – racconta Fioravante Bertolli che assieme al padre porta avanti un negozio di elettrodomestici nella centralissima via Gustavo Modena – è inevitabile che col nuovo centro la situazione peggiori ancora. E i margini di guadagno, già minimi, si assottigliano. Per noi, se là apre un qualche soggetto concorrente, saranno davvero dolori. Ma non la vedo bene neppure per chi aprirà al Pgz9: basta guardare il continuo turn-over al Millennium, dove solo le grandi catene ce la fanno, mentre per i piccoli è dura. Ci sono un sacco di spese in più, e un tipo di clientela che guarda soprattutto al prezzo». «I clienti qua sono sempre gli stessi – dice Edo Furlini, che dal 1982 ha una ferramenta su piazza Cal di Ponte – e a forza di centri commerciali saremo tutti costretti a chiudere. È una vergogna. Anche per lo scempio ambientale: ettari ed ettari di cemento al posto delle campagne. E per i clienti nessun servizio: compri leggendo la confezione e poi ti devi arrangiare. Mentre noi siamo in grado di dare un consiglio, e se poi qualcosa non va, siamo sempre qui, con la nostra faccia».
«C’è anche una dimensione umana, nei nostri negozi – dice Cristina Gerola (ha una piccola boutique sulla piazza) – che andrà scomparendo. Le quattro chiacchiere, il legame con il tuo paese. Mori così rischia di diventare un dormitorio».
Pessimista anche Maria Grazia Magagnotti (anche lei ha un negozio di moda) che definisce «catastrofica» la situazione: «I miei clienti me li sono conquistati in anni di lavoro serio – dice – ma è chiaro che nel nuovo centro saranno attirati da tutte quelle proposte. E una volta là, compreranno tutto quello di cui hanno bisogno. Sono contraria anche al modello di vita che questi centri impongono a noi negozianti: orari lunghi, lavoro di sabato e domenica, rapporti impersonali e alienanti».
Serena Chizzola (gestisce l’edicola di via Modena) è uno dei negozianti che medita di chiudere: «Lo faccio per motivi non legati al nuovo centro – dice – ma è chiaro che di questo passo molti altri saranno costretti a farlo. Per noi il giro di clienti è sempre quello, e ad ogni centro commerciale che apre, i clienti diminuiscono».
Mario Regolini medita di cambiare completamente attività (la sua fioreria è all’imbocco di via Modena): «Ho molti dubbi anche sulla validità sociale di questi centri – dice – perché l’unica cosa certa è che a guadagnarci, e molto, sono i costruttori. Mentre a perderci sono in tanti. Lo vedi dalla grande rotazione al Millennium che qualcosa in questo sistema non va».