"Ingegnere per vocazione, fotografo per passione"
 

Sull’editore

“Si scrive in solitudine. Le parole fanno un suono «interno», non escono in superficie fino a che qualcun altro le legge.

(…)

Questo significa che la pubblicazione, per me, è l’uscita da me stesso, anzi la liberazione da me stesso, e dunque, da molti punti di vista, la soluzione di ogni problema. La pubblicazione mette fine al mio terrore di essere inascoltato e alla mia insicurezza – ovvio -, ma anche alla mia vanità, alla mia alterigia, perché fino a quando le mie parole non sono pubbliche io posso anche illudermi di essere un genio incompreso…

(…)

Non è per piaggeria, è per onorare i fatti che dico che una parte non piccola del merito è del mio editore. Il mio primo lettore. Se fossi rimasto in balia delle mie insicurezze e della mia presunzione (devo scrivere un capolavoro!), magari quel libro non sarebbe mai uscito. O sarebbe uscito appesantito, mesi dopo, anni dopo, da continue riscritture che gli avrebbero levato l’ingenuità, l’immediatezza, quel «fuori dai denti» che ne ha fatto la fortuna.

Naturalmente gli editori sono anche una controparte.

Con loro hai firmato un contratto. Per loro sei un limone da spremere. Ma negli anni ho stabilito che questo rapporto di assoggettamento è salutare. Qualcuno che ti dice: guarda che devi consegnarmi la roba pattuita, secondo contratto, è anche qualcuno che ti aiuta a prendere le misure dei tuoi limiti e dei tuoi bisogni.

Michele Serra in “Sull’editore” – tratto da “A proposito di libri” edito da Iperborea

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