Guido Benedetti

"Ingegnere per vocazione, fotografo per passione"
 

Fotografia, storia e memoria

Credo che la fotografia, con il suo potere di fissazione del reale, permetta di evocare la storia, di usare la memoria come strumento attivo e sensibile per rimettere in circolo energie trattenute o nascoste dietro le forme dell’apparenza. E se la fotografia alla fine non può certo cambiare il destino della città e non può tanto meno influenzare in modo determinante le scelte progettuali e politiche, ciò che sempre importa è la possibilità di poter creare una nuova sensibilità. Una nuova sensibilità per poter interpretare il mondo conformato, caotico e indecifrabile che ci sta dinnanzi”

Gabriele Basilico in “Architetture, città, visioni. Riflessioni sulla fotografia.”

Fotografia e caos quotidiano

Credo che la fotografia consenta, entro certi limiti, di riordinare il caos che sta davanti ai nostri occhi, che è un aspetto comune e ripetitivo del paesaggio urbano contemporaneo.

Gabriele Basilico in “Architetture, città, visioni”

Villette geometrili

Da queste parti l’altra volta m’era venuta l’idea d’un silenzio residenziale, un silenzio tutto diverso da quello degli spazi aperti. E anche le case non sembrano case, piuttosto dimostrazioni di un’idea di casa, da opporre all’orizzonte pesantissimo pieno di camion e maiali. Sono attratto da queste casette incantate per qualcosa che non so spiegare, una sospensione, un dismemorarsi di tutto che mi viene in gola.

Gianni Celati in “Verso la foce”

Messaggio di Marco Brioni

“Se descrivi bene il tuo paese, parlerai al mondo intero”. Un sincero ringraziamento a Guido Benedetti per quest’opera fatta di passione, ricerca e studio.

Il gusto del viaggiare

Il giusto viaggiare è quello di non conoscere, nei luoghi in cui si va, nessuna persona o pochissime; di non avere commendatizie da consegnare e appuntamenti cui consegnarsi; di non avere impegni che con se stessi, per vedere senza affanni le cose che abbiamo desiderato vedere e che di solito, almeno per me, non sono – di una regione, di una città – moltissime.
Certo l’incontro con persone può anche funzionare come rivelazione di quello che si suol dire il genio del luogo; ma oggi un po’ meno ed è comunque meglio contemplare un tal genio nelle cose.

Leonardo Sciascia da “Ore di Spagna”

Pomponesco

Qui voglio parlare di Pomponesco […]. Là in fondo l’aperto si presenta dietro un orizzonte, facendo sentire l’indistinta lontananza che dà un senso alla nostra collocazione spaziale. Piazza quasi sempre vuota, dove il vuoto si riconosce come l’accogliente, e noi accolti potevamo accorgerci degli altri accolti di passaggio, senza la solita sensazione di fastidio.

Gianni Celati racconta Pomponesco in “Verso la foce”

Se la città è un’estensione della casa, poiché essa chiude l’uomo due volte (entro le pareti della casa ed entro le mura della città), la piazza equivale al vano del focolare come centro del luogo chiuso.

Massimo Schilirò in “Segnaletica del dimenticato”