Guido Benedetti

"Ingegnere per vocazione, fotografo per passione"
 

8.01.2011_Autonomia (o classe politica?) sotto attacco.

L’articolo di oggi a firma del giornalista Gian Antonio Stella mi ha ricordato la mia vecchia maestra delle scuole elementari e il suo modo “elementare” (per l’appunto) di spiegare l’autonomia della nostra regione e di quella di altre 4 regioni italiane: ricordo infatti che la motivazione principale (quella che, forse, da giovane scolaro ritenevo più importante o – più probabilmente – quella che alla maestra sembrava la più semplice da spiegare) era la vicinanza delle cinque “fortunate” regioni alla linea di frontiera.
Se tale elementare semplificazione poteva essere perdonata alla mia maestra (che doveva spiegare a noi bambini – possibilmente con parole semplici – il perché e il valore della nostra autonomia) leggere che quasi le stesse parole sono attribuite ad un giornalista che stimo per il suo impegno civile è piuttosto triste.
Questa semplificazione, infatti, non è ascoltata solo da una classe di giovani studenti ma da decine di migliaia di lettori italiani che non conoscono il significato vero e completo della parola “autonomia” nel contesto trentino e quindi può contribuire a formare un’idea non corretta della situazione trentina.
Anche se sicuramente qualcosa può essere corretto – e quindi ben venga un utile stimolo ad interrogarsi sul ruolo delle comunità di valle o delle circoscrizioni comunali e su come migliorare il funzionamento di entrambe al fine di valorizzare la partecipazione popolare e ottenere economie di scala e maggiore qualità dei servizi pubblici – occorre ribadire che i confronti (di costi, di dotazioni, di investimenti) non possono essere fatti in modo semplicistico; ciascun dato deve essere ponderato sulla base delle maggiori competenze regionali o provinciali che in molto casi sono sensibilmente maggiori rispetto alle altre regioni italiane (da qui la necessità di un maggior numero di dipendenti pubblici) e soprattutto sulla base dei maggiori livelli qualitativi (con riferimento per esempio alla scuola o alla sanità).
Purtroppo anche molti trentini e tra loro molti politici semplificano in maniera eccessiva il significato della nostra autonomia; si assiste così, da una parte, a una mancanza di responsabilità nella gestione della cosa pubblica e, dall’altra, a una mancanza di consapevolezza di quanto sia importante la partecipazione e il contributo di tutti nella gestione della nostra autonomia.
Partendo da ciò che dice Gian Antonio Stella “Sarebbe un delitto se, in cammino verso il federalismo, l’Italia mettesse in discussione le autonomie esistenti. Ma chi quelle autonomie le ha deve usarle sobriamente.” credo che, per consentire alla nostra autonomia di crescere e migliorarsi di giorno in giorno, sia necessaria l’apertura di un “vero cantiere” volto sia alla formazione di una classe dirigente capace di valorizzare ciò che i nostri predecessori ci hanno consegnato, sia alla diffusione di un forte tessuto culturale e conoscitivo in grado di far emergere, da noi cittadini, i veri bisogni del nostro territorio.

20.12.2011_Articolo 18: applichiamolo, non aboliamolo!

In questi giorni sul tema dell’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori si è accesa una discussione molto probabilmente esagerata e sicuramente esasperata nei toni.

Credo che ciò, più che da motivazioni reali, sia condizionato da posizione preconcette sia da una parte che dall’altra.

Facciamo un passo indietro e ragioniamo insieme con calma ponendoci questa domanda: “Quale è la finalità che il legislatore voleva raggiungere con l’approvazione nello Statuto dei lavoratori di questo ormai famigerato articolo (di cui tutti conoscono il numero ma pochi il contenuto)”?

Molto probabilmente la preoccupazione del legislatore era quella di tutelare i lavoratori (letteralmente “persone che lavorano”) nei confronti di alcune decisioni (arbitrarie) dei datori di lavoro nei confronti dei propri collaboratori

Una così importante tutela deve però essere riservata anche al datore di lavoro e alla sua impresa, sia pubblica che privata, nei confronti di un “lavoratore” (nella sua definizione ricordata prima) che non si potesse più considerare tale per assenteismo, scarso rendimento, assenze ingiustificate , false malattie ecc.: l’articolo 18 (che recita “Reintegrazione nel posto di lavoro”) deve quindi valere per i licenziamenti effettuati “senza giusta causa o giustificato motivo” mentre non deve essere applicato per tutti quei licenziamenti in cui la giusta causa o il giustificato motivo esistono.

Alla luce di questo ragionamento l’abolizione dell’articolo 18 non serve; quello che serve è invece una sua applicazione più equa con la quale, al contrario di quanto succede oggi (alcune volte con una forte responsabilità del sindacato), si dia lo stesso credito ai due attori coinvolti (datore di lavoro e lavoratore) riservando ad entrambi lo stesso trattamento e la medesima tutela della propria attività.

10.12.2011_Domenica: riposo o lavoro?

In questi giorni di avvicinamento al Natale, di luminarie accese e di negozi sempre aperti, sono in molti ad esprimere la propria opinione sull’opportunità di continuare ad estendere sempre più l’orario di apertura dei negozi: da una parte la fazione del SI che vorrebbe poter comprare (o forse solo “passeggiare”) ad ogni ora del dì e della notte, dall’altra il partito del No che vorrebbe mantenere l’apertura dei negozi nel rispetto delle festività e di un orario “vivibile” anche per chi sta dall’altra parte del balcone.
Questa discussione , con i tempi che corrono, è quanto meno complessa: da una parte vi è la necessità di “stimolare l’economia” aumentando i momenti per l’acquisto (nella speranza che vi sia realmente un maggior introito), dall’altra la necessità di consentire alle famiglie di ritrovarsi assieme dopo una settimana di scuola o lavoro e di “gustare” la propria famiglia fino in fondo vivendo appieno tutta la gamma dei colori dell’arcobaleno e non solo i momenti grigi di affanno tra una corsa e l’altra durante la settimana.
In questo ultimo caso tra l’altro, oltre ad un aumento della qualità della vita (purtroppo non misurabile in punti di PIL), vi sarebbe, molto probabilmente, un risparmio per le famiglie dovuto alla minore necessità di ricorrere a beni sostitutivi della presenza dei genitori (videogiochi, cinema ecc.).
Noi, fortunatamente, siamo tra quelli che trascorrono il sabato e la domenica tutti assieme passeggiando, qualche volta, alla luce delle luminarie e dei negozi aperti e, di norma, non ci poniamo il problema di chi sta dall’altra parte del balcone.
Questo sabato però, per me, è un sabato diverso: domani lavorerò dall’alba al tramonto.
Per me si tratterà solo di una giornata ma questo mi consente di capire lo stato d’animo di tutti i lavoratori che domani lavoreranno: questa sera è, per noi, domenica sera e il tempo per vedere l’arcobaleno è già finito: ne vale proprio la pena?
La nostra società domani sarà più ricca (per qualche acquisto in più) o meno colorata per non aver permesso a tutti i gustare tutti i colori dell’iride?
Una buona domenica a tutti.

Collegamento Vallagarina Alto Garda: i problemi sono sotto gli occhi di tutti, la soluzione anche ma tutti fanno finta di non vederla.

Chi quotidianamente – per lavoro, per diletto o per necessità – percorre la Strada Statale 240 del lago di Loppio per spostarsi dal basso Sarca a Rovereto o viceversa, conosce molto bene sia i problemi che incontra lungo il percorso (code e rallentamenti in prossimità dei centri abitati e – nelle giornate più critiche – lungo l’intero tratto da Nago a Mori) che possono essere causa di gravi incidenti o di pericolosi ritardi, sia i problemi causati dal traffico all’ambiente circostante (un’intera vallata – quella di Loppio – con annesso biotopo protetto e un intera zona a vocazione turistica come la fascia lago tra Riva del Garda e Torbole) quali ad esempio l’inquinamento acustico e atmosferico che, oltre a colpire chi abita in prossimità della strada, costituiscono di fatto una barriera insuperabile sul corridoio ecologico tra il gruppo del Baldo e quello dello Stivo.

Chi conosce bene la situazione è però anche in grado di capire quale sia la Soluzione con la S maiuscola: “un collegamento diretto in galleria tra l’uscita delle gallerie di Tierno a Mori Ovest e il centro della Busa (identificabile con la zona del Cretaccio di Arco o, più semplicemente per chi non conosce i toponimi, con la zona industriale di Arco)”.

Questa soluzione, che si potrebbe definire “integrale” nel senso più esteso del termine, risolverebbe le attuali problematiche di tipo viabilistico (a cui è necessario, oltre che doveroso, dare una risposta con un collegamento stradale all’altezza dei tempi e del grande polo turistico, industriale e commerciale quale è e quale sarà – vedi la realizzazione del più grande polo fieristico del trentino – l’Alto Garda), sarebbe facilmente “riciclabile” quando – in futuro – il tipo di mobilità cambierà radicalmente, e costituirebbe infine un importante investimento per i suoi notevoli risvolti urbanistici ed ambientali.

Con riferimento a queste ultime osservazioni ci si riferisce in particolare alla possibilità di:

  1. “riciclare” la/e canna/e realizzata/e per il collegamento stradale (con pendenza ridotta e costante) per il passaggio di una metropolitana interrata o di veicoli elettrici;
  2. recuperare dal punto di vista ambientale, e di conseguenza valorizzare anche turisticamente, l’intera valle del Cameras e di Loppio da Mori a Nago, attualmente fortemente limitata nel suo sviluppo dai forti flussi di traffico “parassita” da e per la “Busa”, che costituisce il fondamentale collegamento ecologico tra il Parco del Baldo a sud e la val di Gresta con il gruppo dello Stivo a nord;
  3. valorizzare l’intera fascia lago da Torbole a Riva del Garda mediante lo spostamento dei flussi di traffico attualmente insistenti sulla SS 240 tra le due località e la creazione di una grande zona a traffico limitato.

Purtroppo questa Soluzione presenta un grosso impegno finanziario che, visto l’attuale periodo di crisi economica, non sembra essere sostenibile dalle finanze provinciali – così almeno affermano i nostri rappresentanti politici.

Anche se ciò fosse vero, la Soluzione “integrale” proposta rimane, in modo evidente, quella con le maggiori ricadute positive sul Territorio e quindi deve costituire la Soluzione da attuare in futuro anche prevedendo una sua realizzazione a stralci (a solo titolo di esempio si può dire che la realizzazione in una prima fase di una sola canna con una piccola galleria di emergenza – da gestire per esempio a senso unico – costerebbe all’incirca come la soluzione C modificata presentata nell’ultimo incontro pubblico di Arco).

La Soluzione, accantonate le posizioni meramente ideologiche, è sotto gli occhi di tutti: allora perché i nostri rappresentanti politici fanno finta di non vederla o di non volerla nemmeno prendere in considerazione?