Guido Benedetti

"Ingegnere per vocazione, fotografo per passione"
 

Paesi (perduti) e relazioni (perdute)

Il dramma dei paesi perduti è la perdita di relazione, di conversazione, di dialogo. Interpretiamo l’abbandono e l’incuria innanzitutto come un fatto fisico. Ma vi è un abbandono, vi è un’incuria che non dipende dall’assenza ma che deriva dalla sospensione dell’empatia che intratteniamo con i luoghi. Non solo non si è più in grado di comprenderli, ma non si è più capaci di abitarli e viverli. Non serve dare colpa al tempo che passa e che inesorabilmente tutto scolpisce; bisognerebbe casomai riflettere su come le nostre scelte, le nostre preferenze, le nostre aspettative generano degrado e incuria. Il tema non sembra tanto quello di rapportarci a quei luoghi abbandonati e dismessi come se fossero qualcosa “fuori di noi” a cui dobbiamo trovare una nuova destinazione, ma interrogarci sulla qualità delle relazioni tra noi e il mondo, tra l’interno e l’intorno.

Gianluca Cepollaro “Paesaggi perduti” in “Paesi perduti: appunti per un viaggio nell’Italia dimenticata”

Oggi godiamo di possibilità…

Oggi godiamo di possibilità che renderebbero la vita nei borghi molto più felice e armoniosa di un tempo: nuove tecnologie, comunità ener-getiche, gruppi di acquisto solidale, svariati modi di comunicare e di creare connessioni. Fornire a quelle che definisco comunità resilienti i giusti strumenti, vuole anche dire porre le basi per risanare il rapporto con la natura e con gli ecosistemi. Un nuovo equilibrio che arricchirebbe per davvero la vita di tutti gli esseri viventi che abitano un territorio.

Proprio per questo sono convinto che tornare a dare dignità ai luoghi marginali e ai borghi della nostra bella Italia è pratica innovativa, sostenibile e lungimirante per eccellenza.

Carlo Petrini da “Un contributo sul dibattito dei paesi perduti” in “Paesi perduti: appunti per un viaggio nell’Italia dimenticata”

… c’è un senso in questi luoghi.

Vige, a proposito dei paesi abbandonati, uno strano sentimento, superficiale e compassionevole. Questi luoghi, si pensa in genere, non hanno senso: non hanno più senso, se mai ne hanno avuto uno. E invece, c’è un senso in questi luoghi. Un senso per sentirli. Un senso per capirli. Un senso per percorrerli, che è quello doppio del partire e del tornare.

Vittorio Sgarbi dall’introduzione del catalogo della mostra “Paesi perduti”

La miseria forza vitale del Paese

La miseria è ancora l’unica forza vitale del Paese e quel poco o molto che ancora regge è soltanto frutto della povertà. Bellezze dei luoghi, patrimoni artistici, antiche parlate, cucina paesana, virtù civiche e specialità artigiane sono custodite soltanto dalla miseria. Dove essa è sopraffatta dal sopraggiungere del capitalismo, ecco che si assiste alla completa rovina di ogni patrimonio artistico e morale. Perché il povero è di antica tradizione e vive in una miseria che ha antiche radici in secolari luoghi, mentre il ricco è di fresca data, improvvisato, nemico di tutto ciò che lo ha preceduto e che l’umilia. La sua ricchezza è stata facile, di solito nata dall’imbroglio, da facili traffici, sempre o quasi, imitando qualcosa che è nato fuori di qui. Perciò quando l’Italia sarà sopraffatta dalla finta ricchezza che già dilaga, noi ci troveremo a vivere in un paese di cui non conosceremo più né il volto né l’anima.

Leo Longanesi, “La sua signora”, 1957.

A sera lame di nebbia si infiltrano…

Per terra, sotto gli alberi del bosco, ci sono prati ispidi di ricci e stagni secchi pieni di foglie dure. A sera lame di nebbia si infiltrano tra i tronchi dei castagni e ne ammuffiscono i dorsi con le barbe rossicce dei muschi e i disegni celesti dei licheni.

Italo Calvino in “Il sentiero dei nidi di ragno”

L’Italia ha questo di straordinario…

L’Italia ha questo di straordinario, rispetto alle altre nazioni. Non è nata dalla politica o dalla guerra. Non da un matrimonio dinastico, non da un trattato diplomatico. È nata dalla cultura e dalla bellezza. Dai libri e dagli affreschi. È nata da Dante e dai grandi scrittori venuti dopo di lui: Petrarca, che da piccolo ebbe la fortuna di incontrarlo; Boccaccio, che per primo defini la Commedia «Divina» e la lesse in pubblico. E nata da Giotto, che Dante cita nel Purgatorio, e che forse incontrò mentre affrescava nella Cappella degli Scrovegni il Giudizio universale, con i sommersi e i salvati. E l’Italia è nata dagli altri artisti che da Dante furono ispirati nel ritrarre il Bene e il Male, il Paradiso e l’Inferno, la grandezza dell’uomo e l’abisso della sua perversione.

Aldo Cozzullo nell’introduzione di “A riveder le stelle”