D. Come è stato guardare Mosca dall’alto rispetto alle visioni frontali in B/N che siamo abituati a vedere di Gabriele Basilico?
GB. E’ opportuno dire che – in modo molto schematico – una città, sul piano fisico, sul piano architettonico-urbano – quindi sul piano degli edifici e quindi non sul piano delle storie delle persone eccetera – si può esplorare a livello della strada – che è il tipico punto di vista del flaneaur, dell’osservatore, del cittadino, del turista, di tutti quelli che arrivano e vivono una città da un punto di vista esterno -, oppure si può osservare – più raramente, dipende anche dalla orografia dellla città e dalle suo quote, dall’alto.
Sono due visioni molto diverse.
La prima, è una visione un po’ avventurosa in cui il senso prospettico della città ti viene incontro e quindi la percezione degli assi, degli incroci, delle strade è una sorta di consumo continuo un po’ cinematografico: si cammina e il movimento crea fotografie continue. Quindi c’è una componente dinamica che io rendo statica quando scatto le fotografie.
La seconda visione – quella dall’alto -, che per me non è una cosa nuova, è più contemplativa. Si arriva in un punto in alto e si scopre dove eravamo: questo è bellissimo. E’ un gioco che i fotografi conoscono bene; è come un premio finale che si dà dopo che si è consumata tanta città e si sono consumate tante suole di scarpe. L’atteggiamento meditativo è un atteggiamento che induce una fotografia lenta un po’ meditativa, cioè guardo tanto, guardo a lungo e cerco di stancarmi a forza di guardare.
Gabriele Basilico intervistato a RadioRai in I paesaggi senza figure di Gabriele Basilico – prima puntata.