"Ingegnere per vocazione, fotografo per passione"
 

26.10.2011_Consulenze, pensionati e giovani frustrati

da L’ADIGE del 26/10/2011
LA LETTERA DEL GIORNO

Caro direttore, escono dalla porta e rientrano dalla finestra. È ciò che spesso avviene nel settore del pubblico impiego e come posso vedere non ne è esente la sanità, compresa quella della nostra Provincia. Così succede che gente che va in pensione viene riassunta, con contratti libero-professionali, a ricoprire di solito il posto che ha da poco lasciato vacante. Così succede che tali professionisti, avendo ovviamentre svariati anni di anzianità, percepiscano pure compensi sostenuti. Così succede che non si liberano posti di lavoro e questo a discapito soprattutto dei giovani che rimangono disoccupati. Per non parlare poi delle consulenze sempre in regime di libera professione e a tempo determinato che talvolta diventa quasi un tempo indeterminato (vi sono consulenze date per anni e anni) in barba ai concorsi.
Per fortuna che siamo nel pubblico! Questa facilità nel distribuire tali consulenze e contratti penso vada rivisto e soprattutto ridimensionato e regolamentato, in modo che vengano concessi esclusivamente a chi nella sua vita lavorativa si è particolarmente distinto, o per speciali competenze, tanto da rendersi quasi insostituibile. Per il resto lasciamo spazio ai giovani, in modo che inizino il loro percorso lavorativo, le loro esperienze e soprattutto incomincino a costruirsi la loro pensione, quel po’ di pensione considerato che l’accesso alle strutture ospedaliere avviene solo a specialità acquisita (normalmente dopo i 32 anni) e con l’espletamento dei relativi concorsi su posti resisi vacanti e disponibili. Ma se questi vengono a loro volta occupati dai neo-pensionati? Egregio Direttore, mi piacerebbe avere una sua opinione di certo più competente ed esaustiva della mia.
Enrico Fiorone – Dirigente medico Ospedale di Fiemme

LA RISPOSTA DEL DIRETTORE
Dobbiamo distinguere: una buona fetta delle spese di consulenza dell’ente pubblico (anche nelle liste che periodicamente pubblichiamo sull’Adige) riguarda prestazioni sostitutive di assunzioni che magari non si possono fare, o che avrebbero un limite nel tempo. Accade, infatti che, – causa il blocco delle assunzioni nell’ente pubblico, o il patto di stabilità, o altre ragioni ancora -, in alcuni casi si provveda ad assegnare incarichi di consulenza sostitutivi di assunzioni per espletare il carico di lavoro altrimenti inevaso. In tali situazioni, costituisce un espediente per far lavorare senza poter assumere.
Diverso è il caso delle consulenze affidate ad esterni, nonostante all’interno dell’ente pubblico esistano le professionalità che potrebbero ottemperare a quel compito. In tal caso assistiamo ad un danno doppio per la collettività: 1) le risorse professionali interne vengono frustrate e inutilmente sottoutilizzate; 2) si spendono soldi in più (spesso parecchi) per premiare altri, secondo criteri di scelta non sempre ben chiari e comprensibili. L’uso e l’abuso di consulenze di questo tipo va decisamente stigmatizzato e denunciato. Da parte nostra, teniamo sempre alta la guardia rendendo pubblici tali incarichi, in modo che si conoscano, e chi se ne fa promotore sia costretto a motivare pubblicamente le ragioni che hanno portato a ignorare le risorse interne per pescare altrove.
Infine c’è una terza categoria di consulenze. Ed è quella dei pensionati, cioè di chi ha coperto un’ufficio per una vita, e continua ad occuparlo anche una volta andato in pensione. Ora, se si tratta di una soluzione tampone, un rimedio-ponte, in attesa di individuare al meglio il sostituto (e pertanto contenuta in tempi brevissimi), può anche starci. Se invece, come accade di frequente, è uno stratagemma per aggirare la quiescenza, e mantenere in comando le proprie pedine, allora anche qui è doppiamente redarguibile. Primo perché costituisce un tappo nella Pubblica amministrazione (e nella sanità). Secondo perché non fa crescere nuove professionalità e non fa maturare quelle esistenti. Un contenimento dell’uso (abuso?) delle consulenze è pertanto non solo auspicabile, ma necessario.
p.giovanetti

21.10.2011_I cattolici dopo Todi. Intervista a Giorgio Lunelli

da Vita Trentina – di D. Andreatta
Uno dei punti condivisi a Todi è la consapevolezza di essere alla fine di un’epoca e all’inizio di una stagione nuova, qualcuno ha parlato addirittura di un’ora “decisiva”. A vostro avviso, che cosa è finito e cosa deve iniziare?

Credo sia finita la stagione del populismo dei sogni, quello dell’antagonismo territoriale, quello dell’invidia sociale e della cultura del “tutto e subito” che ha caratterizzato questi ultimi anni. Serve una nuova stagione della “responsabilità”, perché non ci può essere futuro se non si è capaci di dire la verità (anche scomoda), se non si abbandona la tentazione del consenso a basso prezzo, se la politica non saprà spiegare che non ci può essere futuro se – per citare Aldo Moro – non si saprà accompagnare la stagione dei diritti con una nuova stagione dei doveri.

L’impegno delle realtà cattoliche riunite a Todi vuole essere prepolitico: si smentisce con forza una riedizione del partito dei cattolici (una nuova DC), ma in molti di fatto invocano una rappresentanza politica meno frammentata, a rischio diaspora. Per voi l’obiettivo del cammino avviato a Todi quale deve essere?

Rincorrere nostalgie del passato (quando ben altre erano le condizioni nazionali ed internazionali) rischia solo di portare al torcicollo. Oggi c’è un grande bisogno di capacità di discernimento, di capacità propositiva, di testimonianza civile e sociale. I cattolici – su questo terreno – devono essere protagonisti. Non tanto in un improponibile nuovo partito cattolico, ma nella capacità di essere lievito di buona politica, di lavorare – ognuno per la propria parte – per la realizzazione del bene comune o, se si vuole, di una società più equa.

A Todi si è parlato anche del rapporto della politica con l’economia, con la società civile, con la forma-partito, con le giovani generazioni. Quale spunto – ditelo, se volete, con una citazione – ritenete più innovativo e importante in questa fase politica?

Qualcuno ha detto – anni fa – che i nostri giovani rischiano di esser parte di una generazione “senza padri, né maestri”. Oggi i nostri giovani rischiano di essere anche “senza futuro”. Una nuova fase politica ha bisogno di padri, di buoni maestri e soprattutto di capacità di costruire una comunità dove nessuno si senta escluso. C’è bisogno di cittadinanza inclusiva perché solo un vero protagonismo di ognuno – la capacità, cioè, di ciascuno di “assumere responsabilità” – può essere fondamento di una nuova casa comune.

“La vita accanto” di Mariapia Veladiano

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<b>Mariapia Veladiano</b><br /><br />
<b style=”color: #8a8a8b”>2011</b><br />
Stile libero Big<br />
pp. 172<br />
&euro; 16,00<br />
ISBN 978880620598
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Quale è la giusta risposta ai problemi di viabilità sul territorio?

Un noto politico trentino ha espresso pochi mesi fa, più o meno, questo pensiero che condivido pienamente:

“Una proposta qualsiasi va bene ma … una qualsiasi soluzione non può prescindere da un esame complessivo dell’intero territorio … poi si può discutere di priorità in base alle risorse disponibili. Operando come si fa ora si rischia di buttare via i soldi. È meglio valutare l’insieme e poi si interviene a settori, a pezzi. Ma si deve avere un’analisi complessiva dei bisogni complessivi dei territori. Insomma, il contrario di quello che si fa troppo spesso, cioè gli interventi a spot."