"Ingegnere per vocazione, fotografo per passione"
 

20.12.2011_Articolo 18: applichiamolo, non aboliamolo!

In questi giorni sul tema dell’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori si è accesa una discussione molto probabilmente esagerata e sicuramente esasperata nei toni.

Credo che ciò, più che da motivazioni reali, sia condizionato da posizione preconcette sia da una parte che dall’altra.

Facciamo un passo indietro e ragioniamo insieme con calma ponendoci questa domanda: “Quale è la finalità che il legislatore voleva raggiungere con l’approvazione nello Statuto dei lavoratori di questo ormai famigerato articolo (di cui tutti conoscono il numero ma pochi il contenuto)”?

Molto probabilmente la preoccupazione del legislatore era quella di tutelare i lavoratori (letteralmente “persone che lavorano”) nei confronti di alcune decisioni (arbitrarie) dei datori di lavoro nei confronti dei propri collaboratori

Una così importante tutela deve però essere riservata anche al datore di lavoro e alla sua impresa, sia pubblica che privata, nei confronti di un “lavoratore” (nella sua definizione ricordata prima) che non si potesse più considerare tale per assenteismo, scarso rendimento, assenze ingiustificate , false malattie ecc.: l’articolo 18 (che recita “Reintegrazione nel posto di lavoro”) deve quindi valere per i licenziamenti effettuati “senza giusta causa o giustificato motivo” mentre non deve essere applicato per tutti quei licenziamenti in cui la giusta causa o il giustificato motivo esistono.

Alla luce di questo ragionamento l’abolizione dell’articolo 18 non serve; quello che serve è invece una sua applicazione più equa con la quale, al contrario di quanto succede oggi (alcune volte con una forte responsabilità del sindacato), si dia lo stesso credito ai due attori coinvolti (datore di lavoro e lavoratore) riservando ad entrambi lo stesso trattamento e la medesima tutela della propria attività.

10.12.2011_Domenica: riposo o lavoro?

In questi giorni di avvicinamento al Natale, di luminarie accese e di negozi sempre aperti, sono in molti ad esprimere la propria opinione sull’opportunità di continuare ad estendere sempre più l’orario di apertura dei negozi: da una parte la fazione del SI che vorrebbe poter comprare (o forse solo “passeggiare”) ad ogni ora del dì e della notte, dall’altra il partito del No che vorrebbe mantenere l’apertura dei negozi nel rispetto delle festività e di un orario “vivibile” anche per chi sta dall’altra parte del balcone.
Questa discussione , con i tempi che corrono, è quanto meno complessa: da una parte vi è la necessità di “stimolare l’economia” aumentando i momenti per l’acquisto (nella speranza che vi sia realmente un maggior introito), dall’altra la necessità di consentire alle famiglie di ritrovarsi assieme dopo una settimana di scuola o lavoro e di “gustare” la propria famiglia fino in fondo vivendo appieno tutta la gamma dei colori dell’arcobaleno e non solo i momenti grigi di affanno tra una corsa e l’altra durante la settimana.
In questo ultimo caso tra l’altro, oltre ad un aumento della qualità della vita (purtroppo non misurabile in punti di PIL), vi sarebbe, molto probabilmente, un risparmio per le famiglie dovuto alla minore necessità di ricorrere a beni sostitutivi della presenza dei genitori (videogiochi, cinema ecc.).
Noi, fortunatamente, siamo tra quelli che trascorrono il sabato e la domenica tutti assieme passeggiando, qualche volta, alla luce delle luminarie e dei negozi aperti e, di norma, non ci poniamo il problema di chi sta dall’altra parte del balcone.
Questo sabato però, per me, è un sabato diverso: domani lavorerò dall’alba al tramonto.
Per me si tratterà solo di una giornata ma questo mi consente di capire lo stato d’animo di tutti i lavoratori che domani lavoreranno: questa sera è, per noi, domenica sera e il tempo per vedere l’arcobaleno è già finito: ne vale proprio la pena?
La nostra società domani sarà più ricca (per qualche acquisto in più) o meno colorata per non aver permesso a tutti i gustare tutti i colori dell’iride?
Una buona domenica a tutti.

Collegamento Vallagarina Alto Garda: i problemi sono sotto gli occhi di tutti, la soluzione anche ma tutti fanno finta di non vederla.

Chi quotidianamente – per lavoro, per diletto o per necessità – percorre la Strada Statale 240 del lago di Loppio per spostarsi dal basso Sarca a Rovereto o viceversa, conosce molto bene sia i problemi che incontra lungo il percorso (code e rallentamenti in prossimità dei centri abitati e – nelle giornate più critiche – lungo l’intero tratto da Nago a Mori) che possono essere causa di gravi incidenti o di pericolosi ritardi, sia i problemi causati dal traffico all’ambiente circostante (un’intera vallata – quella di Loppio – con annesso biotopo protetto e un intera zona a vocazione turistica come la fascia lago tra Riva del Garda e Torbole) quali ad esempio l’inquinamento acustico e atmosferico che, oltre a colpire chi abita in prossimità della strada, costituiscono di fatto una barriera insuperabile sul corridoio ecologico tra il gruppo del Baldo e quello dello Stivo.

Chi conosce bene la situazione è però anche in grado di capire quale sia la Soluzione con la S maiuscola: “un collegamento diretto in galleria tra l’uscita delle gallerie di Tierno a Mori Ovest e il centro della Busa (identificabile con la zona del Cretaccio di Arco o, più semplicemente per chi non conosce i toponimi, con la zona industriale di Arco)”.

Questa soluzione, che si potrebbe definire “integrale” nel senso più esteso del termine, risolverebbe le attuali problematiche di tipo viabilistico (a cui è necessario, oltre che doveroso, dare una risposta con un collegamento stradale all’altezza dei tempi e del grande polo turistico, industriale e commerciale quale è e quale sarà – vedi la realizzazione del più grande polo fieristico del trentino – l’Alto Garda), sarebbe facilmente “riciclabile” quando – in futuro – il tipo di mobilità cambierà radicalmente, e costituirebbe infine un importante investimento per i suoi notevoli risvolti urbanistici ed ambientali.

Con riferimento a queste ultime osservazioni ci si riferisce in particolare alla possibilità di:

  1. “riciclare” la/e canna/e realizzata/e per il collegamento stradale (con pendenza ridotta e costante) per il passaggio di una metropolitana interrata o di veicoli elettrici;
  2. recuperare dal punto di vista ambientale, e di conseguenza valorizzare anche turisticamente, l’intera valle del Cameras e di Loppio da Mori a Nago, attualmente fortemente limitata nel suo sviluppo dai forti flussi di traffico “parassita” da e per la “Busa”, che costituisce il fondamentale collegamento ecologico tra il Parco del Baldo a sud e la val di Gresta con il gruppo dello Stivo a nord;
  3. valorizzare l’intera fascia lago da Torbole a Riva del Garda mediante lo spostamento dei flussi di traffico attualmente insistenti sulla SS 240 tra le due località e la creazione di una grande zona a traffico limitato.

Purtroppo questa Soluzione presenta un grosso impegno finanziario che, visto l’attuale periodo di crisi economica, non sembra essere sostenibile dalle finanze provinciali – così almeno affermano i nostri rappresentanti politici.

Anche se ciò fosse vero, la Soluzione “integrale” proposta rimane, in modo evidente, quella con le maggiori ricadute positive sul Territorio e quindi deve costituire la Soluzione da attuare in futuro anche prevedendo una sua realizzazione a stralci (a solo titolo di esempio si può dire che la realizzazione in una prima fase di una sola canna con una piccola galleria di emergenza – da gestire per esempio a senso unico – costerebbe all’incirca come la soluzione C modificata presentata nell’ultimo incontro pubblico di Arco).

La Soluzione, accantonate le posizioni meramente ideologiche, è sotto gli occhi di tutti: allora perché i nostri rappresentanti politici fanno finta di non vederla o di non volerla nemmeno prendere in considerazione?

14.11.2011_L’appello di #IGFITALIA2011 a Mario Monti

Al Professor Mario Monti, Senato della Repubblica

Crisi: per la crescita il nuovo governo deve affrontare lo “spread digitale”

Gentile Professore,

Non abbiamo bisogno di ricordarle l’importanza di Internet, spazio di libertà globale, strumento di organizzazione politica e sociale, sostegno indispensabile dell’economia. Lo “spread digitale” dell’Italia nei confronti dei principali paesi del mondo ha ormai raggiunto livelli insostenibili anche per la tenuta economica nazionale. Ancora più preoccupante, anche in queste ore di straordinaria apprensione per la situazione finanziaria del Paese, è il persistere di una condizione di inconsapevolezza politica e di inazione governativa nell’affrontare tale ritardo che pregiudica gravemente le nostre possibilità di crescita e di sviluppo. In particolare, l’incapacità di affrontare i problemi legati alla diffusione della banda larga è indegna di un paese che voglia restare in Europa.

Non si può aspettare il superamento della crisi economica per investire nel digitale, perché, come sancito dalla Commissione Europea nella Strategia 2020, lo sviluppo dell’economia digitale è una delle condizioni imprescindibili per il superamento stesso della crisi.

Nonostante i ritardi, l’economia digitale rappresenta già il 2% del PIL dell’economia nazionale e, negli ultimi 15 anni, ha creato oltre 700.000 posti di lavoro. Internet non può essere più ignorata. Il Paese non può continuare a rimanere politicamente emarginato rispetto a questi temi. Sono state abbandonate le iniziative che, grazie anche a documenti sottoscritti con altri stati, avevano fatto del nostro Paese un indiscusso protagonista dell’iniziativa per un Internet Bill of Rights nel quadro degli Internet Governance Forum promossi dalle Nazioni Unite. A fronte di questo ruolo, negli ultimi anni l’Italia è stata mortificata dall’inazione e da ripetuti tentativi di limitare la libertà in rete e lo sviluppo dell’economia digitale.

L’Internet Governance Forum Italia 2011 si rivolge a Lei affinché un nuovo governo si impegni concretamente, anche attraverso la nomina di un ministro se necessario, per la piena implementazione di un’agenda digitale in conformità con quanto stabilito dall’Europa. Richiamiamo in particolare l’attenzione sull’accesso ad Internet come diritto fondamentale della persona, come già riconosciuto da costituzioni, leggi nazionali e risoluzioni del Parlamento Europeo e del Consiglio d’Europa; sul riconoscimento in via di principio della conoscenza come bene comune globale; sulla garanzia della neutralità della rete in relazione ai flussi di dati; sulla definizione di uno statuto del lavoro in rete.