"Ingegnere per vocazione, fotografo per passione"
 

"La partecipazione non sia solo pura protesta" di Alessandro Franceschini (dal giornale L’ADIGE di sabato 11 febbraio 2017)

In questo momento in cui è sempre più difficile capire da che parte sta l’arroganza o da chi è chiesta maggiore partecipazione, riporto dal giornale L’ADIGE di sabato 11 febbraio 2017 questo intervento, che condivido, di Alessandro Franceschini.
In particolare cito solo il seguente passaggio: «rispettare gli altri abbastanza da ascoltarli molto oltre le parole che dicono.»

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“La partecipazione non sia solo protesta”

di ALESSANDRO FRANCESCHINI (dal giornale L’ADIGE di sabato 11 febbraio 2017)

Il caso vallo tomo di Mori

Gli eventi che stanno interessando il comune di Mori, in particolare per quel che riguarda la costruzione del «vallo-tomo» a protezione dell’abitato, meritano una riflessione che va al di là del fatto contingente e piuttosto delicato, ovvero l’opportunità o meno di realizzare una struttura per la sicurezza idrogeologica di un centro abitato.

Portano a un’analisi dello stato della partecipazione dentro la nostra comunità e alla conseguente capacità che hanno i nostri amministratori di accogliere le istanze che provengono dal basso.

Viviamo un tempo, infatti, in cui la delega rappresentativa che deriva da un percorso elettorale non può essere più considerata un’investitura «in bianco»: la consapevolezza dei cittadini e la crescita delle informazioni, unite ai nuovi strumenti di discussione e di confronto collettivo mediati dalla rete di Internet, rendono la rappresentanza politica un qualcosa costantemente in discussione, quasi fosse il frutto, da rinnovare quotidianamente, di un’incessante negoziazione tra popolo e potere democratico.

Il tema dello scontro che ha coinvolto la cittadina lagarina è assai complesso: da una parte le ragioni degli uffici tecnici della Provincia, che vogliono garantire la sicurezza della cittadinanza, prevedendo la messa in opera di artefatti per il consolidamento geologico del declivio; dall’altra le istanze di una comunità locale che non vuole perdere la memoria della propria identità: ovvero quei segni antropici di conquista agricola della montagna che rendono il paesaggio moriano davvero originale e che ci ricordano, allo stesso tempo, il nostro passato e la fatica che, per secoli, gli abitanti hanno dovuto mettere in atto per rendere il Trentino una terra abitabile.

Queste due esigenze sono entrambe da sottoscrivere: garantire la sicurezza di un territorio senza perdere la qualità del suo paesaggio dovrebbe essere un imperativo imprescindibile per una comunità che vuole essere matura, moderna e consapevole.

Eppure a Mori qualcosa non ha funzionato. Ed è importante chiedersi il perché. Ogni discorso che intercetta il tema della partecipazione si presta per essere facilmente mal interpretato. «Partecipazione» è una parola diventata oramai inflazionata, spesso pronunciata a sproposito dagli amministratori e dai cittadini, svuotata di significato e che offre il fianco alla retorica populista. Nei tempi della crisi della democrazia rappresentativa, o, meglio, di quel modello di rappresentanza che abbiamo inseguito a partire dal Secondo dopoguerra, occorre affinare nuovi strumenti per il governo di una società mai stata così multiforme nel corso della storia dell’umanità.

Strumenti che possono trovare proprio nella cittadinanza attiva, consapevole, partecipante, un imprescindibile motore di propulsione democratica, capace di colmare quel deficit fiduciario che oggi separa il popolo dai suoi organi di rappresentanza. Strappando la partecipazione dal mondo delle astrazioni metodologiche e facendola diventare un elemento strutturante il senso comune, al pari di tutte quelle pratiche comunitarie, quei riti, quegli usi che non hanno bisogno di essere interrogati né di essere messi in discussione.

Nel caso del vallo-tomo di Mori è stata probabilmente sottovalutata, nell’iter decisionale, la prospettiva comunitaria su una scelta che poteva sembrare, a una lettura superficiale, squisitamente tecnica. Cosa c’è di più ovvio di una montagna che sta crollando e di un’opera di difesa che deve essere all’uopo progettata? In realtà tra il problema e la soluzione, come si è visto, c’è di mezzo il mare.

La società contemporanea, infatti, è caratterizzata da un articolato livello di sofisticazione culturale che può produrre cortocircuiti sociali capaci, a loro volta, di interrompere, o rendere molto difficoltoso, il processo decisionale. Le comunità oggi non sono aggregati semplici e banali, ma insiemi caratterizzati da pluriappartenenze, abitate da individui con diversità d’identità, di culture, d’interessi e di opinioni. E proprio questa complessità deve essere governata attraverso percorsi di inclusione deliberativa, gli unici in grado di garantire, in fin dei conti, la certezza dell’iter decisionale e quindi della sua operatività.

C’è allora tutta una nuova grammatica che deve essere insegnata, imparata e interiorizzata. Non solo da parte degli amministratori, a cui spetta sicuramente il compito più gravoso di fare delle scelte. Ma anche da parte dei tecnici che spesso sono coinvolti nel processo decisionale. E da parte dei cittadini che sono chiamati ad una nuova responsabilità, che interessa sfere fino a ieri prerogativa dei rappresentanti istituzionali. In questa prospettiva può essere interessante tornare ai suggerimenti di Paulo Freire, pensatore brasiliano, noto per la sua «pedagogia degli oppressi»: ovvero, «rispettare gli altri abbastanza da ascoltarli molto oltre le parole che dicono», scoprendo le possibilità emergenti, in modo da co-generare le domande e le strategie di sviluppo di comunità.

Dentro una società complessa, come quella in cui viviamo, il principio della partecipazione deve essere concretamente implementato attraverso pratiche adeguate, moderne e coerenti con le peculiarità del luogo.

Per queste ragioni deve essere pazientemente costruita una nuova cultura della partecipazione, a tutti i livelli. E, di pari passo, va aumentata la capacità di espressione del cittadino e la capacità di ascolto dell’amministratore pubblico. Con lo scopo di neutralizzare quel meccanismo perverso che riduce lo spazio della partecipazione alla pura protesta. Che porta l’esercito dove ci dovrebbe essere solo l’esercizio della democrazia.

Creando procedure capaci di stimolare la partecipazione ne guadagneranno tutti: gli amministratori nella loro immagine pubblica e nel loro consenso, i cittadini nell’esercizio della loro sovranità, i problemi concreti, nelle possibilità di essere, finalmente, risolti.

Alessandro Franceschini

Architetto

CORSO BASE DI FOTOGRAFIA 2017

Consiglio a tutti, principianti e non, questo corso: i principianti acquisiranno la formazione di base per proseguire nel loro percorso fotografico mentre chi è già più esperto, oltre ad un ottimo ripasso generale, potrà iniziare il cammino per diventare, oltre che un buon fotografo, anche un autore di qualità.

CORSO BASE DI FOTOGRAFIA 2017 organizzato dal circolo IL FOTOGRAMMA
Il 23 marzo la prima lezione
Anche quest’anno Il Fotogramma organizza il consueto corso base di fotografia aperto a tutti coloro si vogliano avvicinare per la prima volta al mondo dell’arte fotografica o per chi già possiede delle conoscenze in materia e desidera approfondirle. Il corso è finalizzato a fornire al partecipante le conoscenze di base necessarie al corretto utilizzo della macchina fotografica per poterla utilizzare al meglio in ogni situazione e si articolerà in sette lezioni teorico-pratiche tenute il giovedì in orario serale a partire dal 23 marzo. Durante le lezioni verranno trattati i principali argomenti riguardanti la tecnica fotografica tra cui, la storia della fotografia (cenni), struttura e funzionamento della fotocamera, coppia tempo/diaframma, calcolo della corretta esposizione, la luce, temperatura colore, profondità di campo, distanza iperfocale, composizione fotografica, corretto utilizzo delle luci e del flash, il file digitale e altro. Oltre agli incontri teorici, saranno organizzate due uscite fotografiche sul territorio per mettere in pratica quanto imparato in aula. La partecipazione al corso include l’automatica iscrizione al circolo per l’anno in corso con la possibilità di partecipare a tutte le attività dell’associazione. Per partecipare al corso consigliamo di essere in possesso preferibilmente di una fotocamera reflex (digitale o analogica) o una fotocamera compatta digitale che però permetta almeno l’utilizzo in modalità manuale. Ad ogni partecipante verrà consegnata una dispensa del corso. Le lezioni teoriche serali si terranno presso il teatro di Nago.

 

Giorno della memoria: per non dimenticare

Il 27 gennaio di ogni anno la comunità internazionale celebra il “Giorno della Memoria”, istituito in ricordo dello sterminio e delle persecuzioni del popolo ebraico e dei deportati militari e politici nei campi nazisti. Quel giorno, nel 1945, le truppe sovietiche dell’Armata Rossa arrivarono ad Auschwitz e scoprirono l’orrore del genocidio nazista, rivelandolo al mondo.

In occasione del Giorno della Memoria anche in Trentino sono molte le cerimonie, le iniziative, gli incontri e i momenti di riflessione, indirizzati alle scuole e non solo, per ricordare tutti i perseguitati e i dimenticati di questo orrore: uomini, vecchi, disabili, bambini e donne.

“Eppure non ho paura”
Tra le varie iniziative organizzate sul territorio da parte di biblioteche, enti e associazioni e coordinate dal Servizio attività culturali della Provincia autonoma di Trento, anche lo spettacolo teatrale “Eppure non ho paura” che vuole far conoscere quel dramma attraverso gli occhi delle donne internate nel campo di concentramento di Ravensbrück.

Memowalk e Promemoria_Auschwitz.eu
Ma la memoria deve essere mantenuta soprattutto tra le giovani generazioni. Ecco allora il perché di progetti come il Memowalk e Promemoria_Auschwitz.eu promossi dall’assessorato alle politiche giovanili. Il Memowalk, è una passeggiata audio-guidata alla scoperta dei luoghi della memoria di Trento che furono teatro dei fatti della Seconda Guerra mondiale rivolta ai cittadini e ai giovani.
Dal 2 all’8 febbraio i 180 giovani trentini di Promemoria_Auschwitz.eu, con altri coetanei da tutta Italia, saranno invece in viaggio verso Cracovia dove visiteranno il ghetto, il museo Fabbrica di Schindler e i lager di Auschwitz e Birkenau.

Moni Ovadia
Il 30 gennaio al Teatro Auditorium del Centro Servizi Culturali Santa Chiara l’ attore, drammaturgo, scrittore e musicista Moni Ovadia incontra gli studenti delle scuole superiori trentine proponendo alcune riflessioni perché il Giorno della memoria, dedicato alla rievocazione dell’Olocausto, non si riduca ad un rituale celebrativo e vacuo, ma riesca a reagire a tutte le forme di revisionismo e negazionismo.

«Berlin, Tiergartenstrasse. L’altra Shoah»
Dopo un anno di riprese in numerose località della Germania e in numerose località italiane è pronto il documentario «Berlin, Tiergartenstrasse. L’altra Shoah» che di fatto trasferisce sullo schermo la mostra che Anffas Trentino da un paio di anni sta portando in tutto il Trentino per far conoscere una tragica pagina di storia per molti anni rimasta chiusa nei cassetti e sconosciuta ai più: la Shoah dei disabili. Filo conduttore del documentario, curato da Franco Delli Guanti, è il professor Michael von Cranach di Monaco di Baviera che si è messo a disposizione per dare consulenza scientifica nella realizzazione del film. (gz)

Tutte le iniziative del Giorno della memoria sono disponibili sul sito: https://www.cultura.trentino.it/Rassegne/Giorno-della-Memoria-2017

Rassegna fotografica ANGOLI E SPIGOLI

Un tema azzardato, quello scelto per il 2017, dall’Associazione “Il Fotogramma” di Nago che, ancora una volta cerca di qualificare la propria azione fotografica con soluzione tematica inedita.

Certamente non nuova a queste prospettive di indagine, che trascendono i limiti previsti dalla semplice passione per la fotografia, l’associazione fotografica di Nago si pone, ancora un volta (ricordiamo i numerosi percorsi tematici condotti nei precedenti anni di attività), come snodo di riferimento per coloro che, amando questa disciplina, cercano di uscire dall’affrettato calcolo della prevedibilità , per dedicarsi ad un’azione di registrazione visiva che sia il frutto di una prospettiva condivisa, sia sotto il profilo concettuale, sia nella metodologica di analisi impiegata per registrare e selezionare le immagini.
Un lavoro intenso, durato quasi un anno, e che ha visto, con gli opportuni procedimenti di sintesi, la partecipazione di ben ventiquattro autori ed una rilevante presenza femminile, caratterizzata da instancabile entusiasmo e profonda sensibilità narrativa.
Anche in questo caso, come in quelli trascorsi con analoghe esperienze, la prassi sulla regia del progetto ha previsto che gli autori, in un processo di progressivo affinamento tematico, elaborassero le proprie ipotesi di racconto con una modalità autonoma, prevedendosi correzioni sotto il profilo semantico e calligrafico, aventi lo scopo di garantire la cifra di autorialità insita in ciascun lavoro e coerenza al tessuto espositivo.
La risultante di questo percorso, è quella di un quadro composito che rivela la forza delle idee di questo sodalizio e che lascia intravedere, per fortuna della fotografia, quale possa essere lo spazio destinabile ad un percorso di ricerca tematica.
Non è un caso che una importante istituzione museale quale il MAG Museo Alto Garda, che qui si intende pubblicamente ringraziare, abbia accettato di esporre l’esito di questo percorso culturale.
Un importante indizio dei tempi. soprattutto quelli a venire e che, con la fotografia sviluppata dal “Fotogramma”, potranno essere utili alla collettività di questo territorio ed a tutti coloro che, interessandosi di ricerca visuale troveranno in queste immagini più di un motivo di conforto.

LUCA CHISTE’ Gennaio 2017