I momenti migliori sono quelli in cui sto fotografando (…). Mi aiutano a essere attento alla bellezza di ciò che ci è stato donato.
I fotografi, diversamente dai filosofi, cercano di mettere a fuoco quello che c’è, piuttosto che quello che non c’è.
Robert Adams
Categoria: Citazioni
Quanto tempo ha dedicato alle riprese?
Probabilmente l’uno o il due per cento del tempo che dedico alla fotografia nel suo insieme: ovvero scattare, sviluppare, analizzare i provini, stampare, preparare mostre, vendere l’opera e realizzare i libri. L’uno o il due per cento sul campo è ovviamente di gran lunga la parte migliore. Uno sogna di riuscire ad aggiustare un po’ queste percentuali, ma stampare su ordinazione, preparare i pacchi, tenere la corrispondenza… far girare questa piccola impresa… porta via molto tempo. Lo stesso vale per la pubblicazione dei libri. Per esempio, Kerstin ed io abbiamo passato centinaia di ore per selezionare le immagini di “Listening to the River”.
Robert Adams in “Lungo i fiumi”
Robert Adams e gli altri fotografi
“David Smith, lo scultore, disse che non sono gli acquirenti a pagare per l’arte, sono gli artisti che pagano. Aveva ragione. Moti fotografi, la cui opera ci è necessaria, sono obbligati a guadagnarsi da vivere facendo lavori per cui non sono adatti, per continuare a fotografare. E quando questo avviene, c’è un costo da pagare. Può essere che siano sempre stanchi, o che non riescano a passare abbastanza tempo con la famiglia, o che siano tormentati in vari altri modi.
Robert Adams intervistato da William McEwen. Intervista riportata in “Lungo i fiumi”
I progetti si sviluppano come risposta a scoperte senza fine
“I progetti si sviluppano come risposta a scoperte senza fine, il modo in cui la luce cade su certe case, o su certe strade o persone o auto o mesas… le scoperte più interessanti avvengono, credo, quando sono a mio agio…”
Robert Adams intervistato da Constance Sallivan in “Lungo i fiumi”
Prima che tu dica “Pronto”
“Come un bosco assordato dal cinguettio degli uccelli, il nostro pianeta telefonico vibra di conversazioni realizzate o tentate, di trilli di suonerie, del tinnire d’una linea interrotta, del sibilo d’un segnale, di tonalità, di metronomi; e il risultato di tutto questo è un pigolio universale, che nasce dal bisogno d’ogni individuo di manifestare a qualcun altro la propria esistenza, e dalla paura di comprendere alla fine che solo esiste la rete telefonica, mentre chi chiama e chi risponde forse non esistono affatto.”
Italo Calvino | Prima che tu dica “Pronto”
Italo Calvino, con questo brano degli anni settanta del secolo scorso, stava forse descrivendo il mondo degli odierni social network?
L’uomo di Neanderthal
“INTERVISTATORE – Ora che il signor Neander ci ha descritto il lavoro snervante, monotono…
NEANDER – Monotono sei tu, monotono! Le sai fare le tacche nelle pietre, tu, le tacche tutte le stesse, le sai fare monotone le tacche? No, e allora cosa parli? Io sì che le so fare! E da quando mi ci sono messo, da quando ho visto che ci ho il pollice, lo vedi il pollice? Il pollice che lo metto di qui e le altre dita le metto di là e in mezzo ci sta una pietra, nella mano, stretta forte che non scappa, da quando ho visto che tenevo la pietra nella mano e ci davo dei colpi, così, oppure così, allora quello che posso fare con le pietre lo posso fare con tutto, con i suoni che mi escono dalla bocca, posso fare dei suoni così, a a a, p p p, gn gn gn, e allora non smetto più di fare suoni, mi metto a parlare, a parlare e non la smetto più, mi metto a parlare di parlare, mi metto a lavorare delle pietre che servono a lavorare delle pietre, e intanto mi viene da pensare, penso a tutte le cose che potrei pensare quando penso, e mi viene anche voglia di fare qualcosa per far capire agli altri qualcosa, per esempio di dipingermi delle strisce rosse sulla faccia, non per altro ma per far capire che mi sono fatto delle strisce rosse sulla faccia, e a mia moglie mi viene voglia di farle una collana di denti di cinghiale, non per altro ma per far capire che mia moglie ha una collana di denti di cinghiale, e la tua no, chissà cosa ti credi di avere tu che non ci avevo io, non mi mancava proprio niente, tutto quehe è stato ato fatto dopo già lo facevo io, tutto quello che è stato detto e pensato e signicicato c’era già in quello che dicevo e pensavo e significavo, tutta la complicazione della complicazione era gia li, basta che io prendo questo ciottolo con il pollice e il cavo della mano e le altre quattro dita che ci si piegano sopra, e già c’è tutto, ci avevo tutto quello che poi si è avuto, tutto quello che poi si è saputo e potuto ce lo avevo non perché era mio ma perché c’era, perché c’era già, perché era lì, mentre dopo lo si è avuto e saputo e potuto sempre un po’ meno, sempre un po’ meno di quello che poteva essere, di quello che c’era prima, che avevo io prima, che ero io prima, davvero io allora c’ero in tutto e per tutto, mica come te, e tutto c’era in tutto e per tutto, tutto quello che ci vuole per esserci in tutto e per tutto, anche tutto quello che poi c’è stato di balordo c’era già in quel deng! deng! ding! ding! dunque cosa vieni a dire, cosa ti credi di essere, cosa ti credi di esserci e invece non ci sei, se ci sei è solo perché io sì che c’ero e c’era l’orso e le pietre e le collane e le martellate sulle dita e tutto quello che ci vuole per esserci e che quando c’è c’è.
Italo Calvino | Prima che tu dica “Pronto”