"Ingegnere per vocazione, fotografo per passione"
 

Come coltivare la Serenità nella vita quotidiana.

da: “Il tempo è un dio breve“ di Mariapia Veladiano

"Se potessi, ora vorrei studiare il segreto di questa serenità di Marguerite.

Mi sembra che riuscire a viverla anche solo per poco basterebbe a dare senso a qualsiasi vita.

Si tratta di abitare il presente accettandolo come qualcosa che è sempre importante, di essere liberi dall’ansia di un progetto che ci trascina in avanti o dal blocco di una paura per ciò che può accadere e che ci tiene immobili.

Si tratta di accogliere ciò che arriva come rivolto a noi e solo a noi.

Un puro aderire alla vita."

Capacità acquisite e responsabilità assunte

“Ci si deve adoperare perché sia soddisfatta l’esigenza di accedere ai gradi superiori dell’istruzione sulla base del merito; cosicché gli esseri umani, nei limiti del possibile, nella vita sociale coprano posti e assumano responsabilità conformi alle loro attitudini naturali e alle loro capacità acquisite”

LETTERA ENCICLICA PACEM IN TERRIS DEL SOMMO PONTEFICE GIOVANNI PP. XXIII

Senza il territorio…

… oggi il problema non è l’eccesso di politica e di governo locale. Ma l’esatto opposto. La debolezza della politica, espressa da partiti personalizzati e mediatizzati. Sradicati dalla società e dal territorio. Dove l’associazionismo e il volontariato appaiono sempre più istituzionalizzati. 

Per questo, io vorrei più politica e più società. Più politica e partiti nella società. Più società nella politica e nei partiti. Senza professionisti della politica – del sindacato, dell’associazionismo professionale e volontario – “a vita”. Vorrei più volontari veri – in politica e nei partiti. Ma anche nella società e nelle associazioni. Più volontariato nello Stato. E meno Stato nel volontariato. Senza rinunciare al ruolo assunto dalle autonomie territoriali.

In un Paese come il nostro, arricchito e unificato dalle differenze locali, dissolvere le autonomie significherebbe semplicemente dissolvere lo Stato. I suoi elementi e i suoi fondamenti. Senza il territorio, i partiti e il Pd per primo: diventano “liquidi”.

Ilvo Diamanti da Repubblica del 15/10/2012

(Vedi http://www.demos.it/a00767.php)

“Come sbloccare il paese immobile” di Ilvo Diamanti – Festival dell’Economia 2008

“Nel nostro paese il rapporto tra generazioni non prevede il ricambio, ma la cooptazione generalizzata.”

“Un paese vecchio è meno dinamico e dunque più chiuso, immobile, rispetto a un paese giovane.”

“La nostra non è una società stratificata, ma segmentata, fatta di forti particolarismi. Non esistono più culture e valori dominanti: la società attuale è composta di minoranze dominanti, di una pluralità di gruppi, ciascuno dei quali è in grado di imporre se stesso.”

“La crisi della politica, oggi, è in questa incapacità di ridurre la frammentazione sociale, ma anche di dare una prospettiva, un’idea di futuro.”

“In questa «democrazia del pubblico», dove contano moltissimo l’opinione pubblica e i sondaggi, la politica non decide. Insegue.”

“Uno dei primi obiettivi sui quali investire è, quindi, la trasformazione del capitale sociale in senso civico; in capitale sociale che rafforzi il bene comune. I sistemi di fiducia locale, di gruppo e familiari dovrebbero riuscire a tradursi in fiducia sistemica. Oggi, invece, il fondamento dell’autodifesa risiede nella fiducia a livello di piccolo gruppo che, tuttavia, non si trasferisce al sistema e nelle istituzioni. La reciprocità, cioè, stenta a diventare solidarietà.”

“Il nostro paese non ama l’apertura, non ama la concorrenza, e nemmeno il conflitto. Ma senza apertura e senza conflitto non può formarsi una classe dirigente.”

“Questo paese resterà immobile fino a quando chi governa non saprà resistere alle resistenze dei tassisti e dei localisti, fino a che i sindaci non si opporranno ai loro leader nazionali di partito, fino a che i figli non si ribelleranno ai genitori. Solo allora questo paese potrà diventare più aperto, più giovane, più mobile. Il problema è: quando capiterà? Quanto lontano è, da oggi, «allora»?”

Ilvo Diamanti al Festival dell’Economia 2008

“L’identità viene inventata quando la comunità crolla”

Cosa voleva dirci Edmondo Berselli con questa semplice frase riportata nel libro “Post Italiani”?

Probabilmente voleva indurre ciascuno di noi a riflettere sul significato della parola “Identità” e sulla sua relazione con il concetto di “Comunità”.

Per quanto mi riguarda mi sembra di poter dire che:

  • l’Identità (con la I maisucola) è intrinseca al concetto di comunità e in quanto tale non può essere il punto di partenza ma semmai quello di arrivo e quindi non può essere evocata o fatta oggetto di proclami al solo scopo di rinsaldare una Comunità (che probabilmente già non c’è più) ma costituisce, al contrario, il risultato del processo di aggregazione e formazione della Comunità stessa;
  • la Comunità (con la C maiuscola) non ha bisogno di identità perché per sua natura è “plurale” e quindi costituita da un insieme indistinto di più identità che si integrano a vicenda e che ne permettono la crescita e l’evoluzione;
  • l’Identità non è quindi qualcosa di fisso e immutabile nel tempo (magari trasmesso di padre in figlio mediante il DNA) ma qualcosa in continua evoluzione e maturazione analogamente, come afferma Maurizio Bettini in “Contro le radici”, al progressivo arricchimento delle acque di un grande fiume in cui – via via – si immette l’acqua proveniente da una miriade di “fonti, ruscelli, torrenti, affluenti”.

A proposito di “coerenza”.

Ieri sera, durante una riunione, ho sentito una frase che merita di essere ricordata:

“le frasi hanno senso  se poi sono in grado di camminare coerentemente”.

É indispensabile, in definitiva, enunciare principi solo se poi si é il primo a metterli coerentemente in pratica e a recuperare, di conseguenza, il vero senso della parola VERITÀ.