Credo che la fotografia consenta, entro certi limiti, di riordinare il caos che sta davanti ai nostri occhi, che è un aspetto comune e ripetitivo del paesaggio urbano contemporaneo.
Gabriele Basilico in “Architetture, città, visioni”
Credo che la fotografia consenta, entro certi limiti, di riordinare il caos che sta davanti ai nostri occhi, che è un aspetto comune e ripetitivo del paesaggio urbano contemporaneo.
Gabriele Basilico in “Architetture, città, visioni”
Da queste parti l’altra volta m’era venuta l’idea d’un silenzio residenziale, un silenzio tutto diverso da quello degli spazi aperti. E anche le case non sembrano case, piuttosto dimostrazioni di un’idea di casa, da opporre all’orizzonte pesantissimo pieno di camion e maiali. Sono attratto da queste casette incantate per qualcosa che non so spiegare, una sospensione, un dismemorarsi di tutto che mi viene in gola.
Gianni Celati in “Verso la foce”
Il giusto viaggiare è quello di non conoscere, nei luoghi in cui si va, nessuna persona o pochissime; di non avere commendatizie da consegnare e appuntamenti cui consegnarsi; di non avere impegni che con se stessi, per vedere senza affanni le cose che abbiamo desiderato vedere e che di solito, almeno per me, non sono – di una regione, di una città – moltissime.
Certo l’incontro con persone può anche funzionare come rivelazione di quello che si suol dire il genio del luogo; ma oggi un po’ meno ed è comunque meglio contemplare un tal genio nelle cose.
Leonardo Sciascia da “Ore di Spagna”
Qui voglio parlare di Pomponesco […]. Là in fondo l’aperto si presenta dietro un orizzonte, facendo sentire l’indistinta lontananza che dà un senso alla nostra collocazione spaziale. Piazza quasi sempre vuota, dove il vuoto si riconosce come l’accogliente, e noi accolti potevamo accorgerci degli altri accolti di passaggio, senza la solita sensazione di fastidio.
Gianni Celati racconta Pomponesco in “Verso la foce”
Se la città è un’estensione della casa, poiché essa chiude l’uomo due volte (entro le pareti della casa ed entro le mura della città), la piazza equivale al vano del focolare come centro del luogo chiuso.
Massimo Schilirò in “Segnaletica del dimenticato”
Ore 12. La facciata della reggia è in equilibrio tra due torrioni a campanile sui lati, e le statue dall’alto del cornicione guardano giù come dèi dal cielo. Mi colpisce che la distanza tra le finestre sia dovunque irregolare, non riconosco uno schema, però sento un ritmo che percorre tutta la facciata. Superbia di un’eleganza che non ti mostra mai i suoi schemi, perché sa che la perfezione non deve essere appariscente, e che il ritmo è qualcosa che spunta al di là d’una misura regolare. Niente di più lontano dalla necessità di squadrare tutto con schemi riconoscibili e misure fisse, che dà forma alle villette geometrili nelle campagne.
Gianni Celati descrive Casalmaggiore in “Verso la foce”