"Ingegnere per vocazione, fotografo per passione"
 

Pietro Donzelli

Donzelli … ci parla di solidarietà sociale e di uguaglianza e difende a oltranza i principi dell’autonomia e della libertà della pratica creativa.

Procede per argomenti (Il Delta, Le crete senesi, Marcinelle, Sardegna, eccetera), mai programmando in anticipo il piano-sequenza, ma piuttosto combinando il ritmo di ogni capitolo con il montaggio postumo di fotografie che possono vivere anche isolate, perché perfettamente compiute. Raramente indugia a mettere in evidenza persone o cose perché comprende che, mettendo a fuoco dal piano americano all’infinito, non si corre il rischio di sradicare il soggetto dall’ambiente in cui vive, di privare di riferimenti essenziali il paesaggio italiano, che è fatto di uomini e di cose , in continua relazione tra di loro.

L’opera di Donzelli si sviluppa seguendo le scansioni della narrazione e dell’indagine, con un racconto che indubbiamente è influenzato da alcuni episodi della letteratura e del cinema americano (da Steinbeck a Ford) ma anche da quelli, tutti italiani, delle traduzioni di Vittorini e Pavese, dei fotogrammi della periferia milanese scaricati da Lattuada sul formato del suo Occhio Quadrato e degli esterni che Visconti introduce nella sceneggiatura di Ossessione, ubbidendo alla interiore esigenza di rispettare il rigoroso rapporto tra figura e ambiente, tra verità documentaria e funzione drammaturgica.

Piero Racanicchi

Un libro andrebbe letto tre volte

A vent’anni leggi e sei agli esordi della vita, con tutto in prospettiva e in un certo senso in sospensione e creazione: affetti, famiglia, lavoro. Chi sei e chi sarai è tutto in divenire.

A cinquant’anni rileggendo lo stesso libro trovi conferme, certezze e risposte che hai costruito e maturato. Leggi e annuisci, rifletti e confermi, avendo dalla tua la forza e l’esperienza.

A settant’anni leggi e speri. Speri di non ammalarti, di non dipendere dagli altri, di non essere un peso per nessuno. Rileggendo un Libro per la terza volta spesso sorridi, perché ritrovi parti di te, rivivi le giornate lievi e quelle grevi. Ciò che occupa i pensieri è la dipendenza, non certo la morte, che consideri come un passaggio della vita. Non ti fa paura, perché è una delle tante soglie che hai attraversato e visto attraversare: appartiene agli eventi naturali.

Un cliente dell’ Isola di Arturo

Di-versi

Siamo fatti di-versi, perché siamo poesia.

Guido Marangoni

Il Colosseo e Gabriele Basilico

Una lotta, quella tra Gabriele Basilico e il Colosseo, che spinge il primo a sperimentare talvolta l’efficacia comunicativa della visione diagonale, piuttosto che l’invasione totale dell’immagine attraverso visioni parziali dell’oggetto fotografato, verso la delineazione di una nuova natura espressiva. Basta che il suo sguardo si stacchi dalla sontuosità della materia, per traguardare in lontananza, e subito il monumento recupera la distensione lineare di una memoria degli acquedotti tesi a segnare e a misurare solennemente il paesaggio e la campagna romana. Ancora una volta Gabriele Basilico fa propria la lezione piranesiana della restituzione per frammenti, dove l’atmosfera è circonfusa da un brulichio, che più che darsi come pulviscolo atmosferico tende a porsi come slancio animistico e vitalistico per restituire alle immagini selezionate la grandiosità della totalità.

Francesco Moschini – Da Arte e critica / Giugno 2013

Fotografia e rappresentazione

Penso che la mia resti comunque una fotografia descrittiva, fedele allo stile “documentario”. Questo modo di lavorare, mio e di altri, ha ritrovato un senso e una funzione dopo la fine degli anni ’70. L’architettura e l’urbanistica hanno realizzato che la documentazione fotografica poteva essere uno strumento nuovo ed efficace per aiutare a rappresentare il paesaggio postindustriale che si era trasformato troppo rapidamente.

Gabriele Basilico in “Palermo andata e ritorno”

Ferdinando Scianna scrive di Gabriele Basilico

Vedo il lavoro di Gabriele come una sorta di diario sentimentale e trovo che non sia stato dato sufficiente risalto all’emotività che lo guida alla scoperta del fatto urbano come se fosse la lettura di un libro di pietra, come Victor Hugo definiva la città, come al carattere singolarmente mediterraneo delle sue immagini.

Ferdinando Scianna in “Basilico: Palermo andata e ritorno”