"Ingegnere per vocazione, fotografo per passione"
 

Lo sguardo delle cose nelle case abbandonate

“… le cose sono piene degli sguardi di chi ci ha abitato per così tanti anni che poi, quando tutti sono andati e le hanno lasciate lì da sole, le cose è come se avessero trattenuto un po’ degli occhi, sguardi e riflessi di chi dalle porte è passato e ripassato, di chi ha consumato con le scarpe di terra il pavimento, di chi ha trascinato la legna fino al fuoco, chi è entrato felice dalla porta, chi ha pianto seduto sulla sedia, chi si è spogliato nel letto, chi è nato nel letto bagnato di acqua e di sangue e chi è morto, volato dalla casa al cielo passando per il tetto, con le scarpe slacciate, gli specchi coperti e un soldo d’argento nella bocca.”

Mario Ferraguti in “La voce delle case abbandonate”

Tempi e Territorio

“… considerando i tempi lunghi del territorio, la fretta non sempre è la via migliore per conseguire risultati stabili nel tempo.”

Bruno Zanon in “Le politiche del territorio in Trentino: dal secondo statuto del 1971 al 2021”

New York

New York era un luogo inesauribile, un labirinto di passi senza fine: e per quanto la esplorasse, arrivando a conoscerne a fondo strade e quartieri, la città lo lasciava sempre con la sensazione di essersi perduto.

Perduto non solo nella città, ma anche dentro di sé.

Ogni volta che camminava sentiva di lasciarsi alle spalle se stesso, e nel consegnarsi al movimento delle strade, riducendosi a un occhio che vede, eludeva l’obbligo di pensare; e questo, piú di qualsiasi altra cosa, gli donava una scheggia di pace, un salutare vuoto interiore.

Il mondo era fuori di lui, gli stava intorno e davanti, e la velocità del suo continuo cambiamento gli rendeva impossibile soffermarsi troppo su qualunque cosa.

Paul Auster in “Trilogia di New York”

Chiaia

“Quando vi caddero due bombe e misero a pezzi due palazzetti proprio al punto più stretto, si temette che la ricostruzione non allargasse quella strada per giovare al traffico sì ma per nuocere alla raccolta intimità di quella dolce passeggiata serale: ma, per fortuna delle eleganti, i nuovi edifici non arretrarono di un pollice, Chiaia è restata come nacque, un po’ squilibrata e sbilenca …”

Mario Stefanile in “Aria di Napoli”

TERRITORI DI MONTAGNA E PAESAGGIO

“Un territorio di montagna, come quello del Trentino, offre una pluralità di punti di vista. È difficile nascondere qualcosa, perché basta salire un po’ in alto per vedere oltre le siepi, i filari degli alberi, i terrapieni, quanto è stato costruito. Questa condizione richiede grande senso di responsabilità alle amministrazioni ed ai cittadini, anch’essi chiamati a difendere il proprio ambiente di vita, per evitare la realizzazione di opere incongrue nello spazio aperto delle campagne, nelle aree boscate o nelle praterie di montagna. Una urbanizzazione non controllata costituisce uno spreco di risorse (il suolo, in primo luogo) e produce un deterioramento del paesaggio, sbilanciando le relazioni fra l’insediamento, lo spazio aperto a destinazione agricola, gli elementi naturali. Inoltre, negli ambienti di particolare pregio paesaggistico, è sufficiente l’inserimento di uno o di pochi elementi estranei per produrre effetti devastanti e spesso irreversibili, influendo negativamente sul senso di appartenenza delle comunità locali e riducendo anche il valore economico dei siti e delle attività locali.”

da “Il paesaggio degli insediamenti” di Furio Sembianti e Bruno Zanon
in “I PAESAGGI DEL TRENTINO” a cura di Bruno Zanon

Sull’editore

“Si scrive in solitudine. Le parole fanno un suono «interno», non escono in superficie fino a che qualcun altro le legge.

(…)

Questo significa che la pubblicazione, per me, è l’uscita da me stesso, anzi la liberazione da me stesso, e dunque, da molti punti di vista, la soluzione di ogni problema. La pubblicazione mette fine al mio terrore di essere inascoltato e alla mia insicurezza – ovvio -, ma anche alla mia vanità, alla mia alterigia, perché fino a quando le mie parole non sono pubbliche io posso anche illudermi di essere un genio incompreso…

(…)

Non è per piaggeria, è per onorare i fatti che dico che una parte non piccola del merito è del mio editore. Il mio primo lettore. Se fossi rimasto in balia delle mie insicurezze e della mia presunzione (devo scrivere un capolavoro!), magari quel libro non sarebbe mai uscito. O sarebbe uscito appesantito, mesi dopo, anni dopo, da continue riscritture che gli avrebbero levato l’ingenuità, l’immediatezza, quel «fuori dai denti» che ne ha fatto la fortuna.

Naturalmente gli editori sono anche una controparte.

Con loro hai firmato un contratto. Per loro sei un limone da spremere. Ma negli anni ho stabilito che questo rapporto di assoggettamento è salutare. Qualcuno che ti dice: guarda che devi consegnarmi la roba pattuita, secondo contratto, è anche qualcuno che ti aiuta a prendere le misure dei tuoi limiti e dei tuoi bisogni.

Michele Serra in “Sull’editore” – tratto da “A proposito di libri” edito da Iperborea