"Ingegnere per vocazione, fotografo per passione"
 

La città pensata: la misura degli spazi

“Attorno al Mille l’Europa conosce uno sviluppo urbano come non l’aveva avuto dall’antichità.
La città medievale che ha preso forma nei quattro secoli precedenti presenta profonde differenze da quella antica, di cui molto spesso ha ereditato il sito, il nome e anche le pietre: sono scomparse le strutture legate alla vita sociale del passato (templi, foro, terme, teatri, circo, stadio); anche l’ordine geometrico basato sui due grandi assi perpendicolari non è più riconoscibile, sommerso da dedali di strade strette e tortuose; le chiese, principali punti di riferimento della città cristiana, sono distribuite irregolarmente, in luoghi che hanno un rapporto con la vita dei santi, i miracoli, i martirii, le reliquie.
È la rete delle chiese a dar forma alla città, – e non viceversa – con la gerarchia che si stabilisce tra loro: la cattedrale, la sede vescovile, sarà il centro sia religioso che sociale; ma la città ha tanti centri quante parrocchie, più i conventi dei vari ordini; i percorsi delle processioni determineranno l’importanza delle varie arterie.
(…)
Le linee rette che il piano orizzontale ha perduto sono recuperate dalla nuova dimensione verticale: si profila la città dei campanili (a partire dal secolo VII) in cui i rintocchi dall’alto scandiscono le ore e confermano alla Chiesa «il dominio sul tempo e sullo spazio» e poi la città delle torri che sorgono accanto al palazzo comunale e alle dimore dei signori, appena s’afferma (dal XIIII secolo in poi) un potere civile accanto a quello religioso.

È la funzione della città che è cambiata: non più militare e amministrativa come ai tempi dell’Impero romano, ma di produzione e scambi e consumi.
Il mercato diventa il nuovo centro propulsore, e il potere urbano è sempre più in mano alla classe tipica della città: i borghesi.”

Italo Calvino in “Collezione di sabbia”

Non basta un visconte completo perché diventi completo tutto il mondo

Così mio zio Medardo ritornò uomo intero, né cattivo né buono, un miscuglio di cattiveria e bontà, cioè apparentemente non dissimile da quello ch’era prima di esser dimezzato. Ma aveva l’esperienza dell’una e l’altra metà rifuse insieme, perciò doveva essere ben saggio. Ebbe vita felice, molti figli e un giusto governo. Anche la nostra vita mutò in meglio. Forse ci s’aspettava che, tornato intero il visconte, s’aprisse un’epoca di felicità meravigliosa; ma è chiaro che non basta un visconte completo perché diventi completo tutto il mondo.

Italo Calvino | Il visconte dimezzato

… fallire è proprio quello che lui in fondo desidera.

Il protagonista non trova altro modo di sfogare la sua opposizione […] e il suo tentativo non può che essere sfortunato, perché in questo gioco sono sempre i peggiori che vincono, e fallire è proprio quello che lui in fondo desidera.

Italo Calvino a proposito del protagonista di “La speculazione edilizia”

Io penso che il divertimento sia una cosa seria.

… anche i significati sono molto importanti, però in un racconto come questo [“Il visconte dimezzato”] l’aspetto di funzionalità narrativa e, diciamolo, di divertimento, è molto importante. Io credo che il divertire sia una funzione sociale, corrisponde alla mia morale; penso sempre al lettore che si deve sorbire tutte queste pagine, bisogna che si diverta, bisogna che abbia anche una gratificazione; questa è la mia morale: uno ha comprato il libro, ha pagato dei soldi, ci investe del suo tempo, si deve divertire. Non sono solo io a pensarla così, ad esempio anche uno scrittore molto attento ai contenuti come Bertolt Brecht diceva che la prima funzione sociale di un’opera teatrale era il divertimento. Io penso che il divertimento sia una cosa seria.

Italo Calvino | Il visconte dimezzato

appena sbarcato dal treno

Uno dei tanti passi di Italo Calvino in cui la pura descrizione viene fusa con le più intime e personali sensazioni del protagonista.

Per uno appena sbarcato dal treno, si sa, la città è tutta una stazione: gira gira e si ritrova in vie sempre più squallide, tra rimesse, magazzini di spedizionieri, caffè col banco di zinco, camion che gli soffiano in faccia getti puzzolenti, e cambia continuamente di mano la valigia, si sente le mani gonfie, sudice, la biancheria appiccicata addosso, il nervoso, e tutto quello che vede è nervoso, frantumato.

“La nuvola di smog” | Italo Calvino

Questo era il mio nuovo paese

Questo era il mio nuovo paese. Presi bambino e moglie e dissi: – Andiamo a fare un giro, andiamo fino al mare.

Era sera. Passavamo per viali e strade a scale. Il sole batteva su uno spigolo della città vecchia, di pietra grigia e porosa, con cornici di calce alle finestre e i tetti verdi d’erba. Nell’entroterra la città s’apriva a ventaglio, s’ondulava in versanti di colline, e dall’uno all’altro lo spazio era colmo d’aria limpida, a quest’ora color rame. Nostro figlio si voltava stupito a vedere ogni cosa e a noi toccava prendere parte alla sua meraviglia, ed era un modo per riaccostarci al blando sapore che ha a momenti la vita e ricondurci al passare dei giorni.

“La formica argentina” | Italo Calvino