La guerra che subito dopo l’Unità d’Italia si cominciò a combattere più o meno scopertamente contro i dialetti, e che raggiunse il suo apice negli anni del fascismo, è stata un’insensata opera di autodistruzione di un immenso patrimonio. Si è scioccamente visto il dialetto come un nemico della lingua nazionale, mentre invece esso ne era il principale donatore di sangue. E oggi siamo sommersi da parole come "Devolution", "premier", "resettare".
di Andrea Camilleri, da Repubblica, 15 novembre 2012
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