"Ingegnere per vocazione, fotografo per passione"
 

L’opera d’arte

L’opera d’arte è un motore, su cui tu puoi intervenire con l’acceleratore o con il freno. Non vive di vita propria. Anche se appare conclusa, essa non è mai finita: basta lo sguardo di un attento osservatore per farla rivivere. Ha bisogno, un bisogno assoluto, del riguardante. Così come la più bella sinfonia ha bisogno dell’esecutore perché possa risorgere dal silenzio. La creatività non è prerogativa dell’artista, ma patrimonio comune, scambio, intreccio.

Giò Pomodoro intervistato da Eugenio Manca in “I ferri del mestiere”

tu lo chiami e lui non risponde

C’è un bellissimo film, odorante di porto, ambientato in una Genova blues sensuale e notturna, punteggiato da una pioggia perpetua che sciorina cantilene; un film madido d’infinita malinconia. S’intitola Stregati e lo ha scritto, diretto e interpretato un altro grande artista: Francesco Nuti. Soltanto alla fine, nell’ultima scena, in un largo sospiro il cielo s’acquieta e Francesco (che nel film è Lorenzo) può chiudere (o forse soc- chiudere) l’ombrello. Quella di Nuti è la Genova di Sbarbaro, di Caproni, di Campana seduto sul molo incantato dal canto del mare: tu lo chiami e lui non risponde. È la Genova che il musicista Giovanni Nuti, fratello di Francesco, ha tradotto in una toccante colonna sonora. Qui ogni suono è una goccia, abbrividisce l’anima.

Emiliano Cribari in “La cura della pioggia”

Guardare le pietre, vedere le persone

Guardare le pietre, vedere le persone: quelle di ieri, quelle di oggi, quelle di domani.

da “Se amore guarda” di Tomaso Montanari

La pioggia

La pioggia, “come chi entra in una casa abbandonata con gli occhi e le mani ridà vita a ogni cosa, offre un suono a tutto ciò che incontra ricreandone gli odori: l’asfalto, le persiane, le ringhiere, i vasi, i tetti delle case.”

da “La cura della pioggia” di Emiliano Cribari

Il fotografo ha l’obbligo…

Il fotografo ha l’obbligo di approfondire il significato dell’immagine per combattere l’estetizzazione totale e la desensibilizzazione nei confronti dell’immagine stessa. Mai come oggi l’uomo è travolto dalle immagini. E mai come oggi queste gli dicono poco. L’uomo ne è talmente saturo che non sa più provare delle emozioni. La fotografia ha quindi un compito etico, ancor prima che estetico.

Luigi Ghirri

Scattare 𝐋𝐀 fotografia

“Chi non lo sa non potrebbe mai immaginare che quel semplice e umile paletto di legno conficcato nella terra indica uno dei luoghi piú significativi delle Alpi. (…) Indica la Stazione fotografica del Ghiacciaio della Marmolada.
(…) Ogni anno lo stesso scatto, dallo stesso punto, fin da quando si usava imprimere lastre di cristallo con allumina e nitrato d’argento, o giú di lí. Si chiama 𝐦𝐞𝐭𝐨𝐝𝐨 𝐝𝐞𝐥𝐥𝐚 «𝐟𝐨𝐭𝐨𝐠𝐫𝐚𝐟𝐢𝐚 𝐝𝐢𝐚𝐜𝐫𝐨𝐧𝐢𝐜𝐚», ed è utilizzato dai glaciologi per completare le rilevazioni operate direttamente sul ghiacciaio. Terminate le due misurazioni principali (…) si ritorna in questo punto per scattare l’immagine d’insieme.
Piú dei numeri, dei dati statistici, dei grafici, (…) da quassú è la forza immediata delle immagini a parlare.
La 𝐟𝐨𝐭𝐨𝐠𝐫𝐚𝐟𝐢𝐚, nelle comparazioni con le serie del passato, diventa cosí uno 𝐬𝐭𝐫𝐮𝐦𝐞𝐧𝐭𝐨 𝐬𝐜𝐢𝐞𝐧𝐭𝐢𝐟𝐢𝐜𝐨 𝐨𝐠𝐠𝐞𝐭𝐭𝐢𝐯𝐨, indiscutibile nella sua assoluta attendibilità.
Ma diventa anche un 𝐦𝐞𝐬𝐬𝐚𝐠𝐠𝐢𝐨 𝐞𝐦𝐨𝐳𝐢𝐨𝐧𝐚𝐥𝐞, che va diretto alle nostre coscienze. Siamo ormai abituati ai raffronti tra vecchie immagini e foto di oggi, in cui si vede il ghiacciaio diventato il ricordo in miniatura di ciò che era: siamo abituati, ma 𝐨𝐠𝐧𝐢 𝐯𝐨𝐥𝐭𝐚 𝐪𝐮𝐞𝐢 𝐫𝐚𝐟𝐟𝐫𝐨𝐧𝐭𝐢 𝐬𝐩𝐫𝐢𝐠𝐢𝐨𝐧𝐚𝐧𝐨 𝐬𝐭𝐮𝐩𝐨𝐫𝐞, 𝐢𝐧𝐜𝐫𝐞𝐝𝐮𝐥𝐢𝐭𝐚̀, 𝐝𝐞𝐬𝐨𝐥𝐚𝐳𝐢𝐨𝐧𝐞.

Marco Albino Ferrari in “𝐀𝐬𝐬𝐚𝐥𝐭𝐨 𝐚𝐥𝐥𝐞 𝐀𝐥𝐩𝐢”