"Ingegnere per vocazione, fotografo per passione"
 

Centro commerciale a Lioni: l’altra faccia della medaglia

Di seguito riportiamo un commento alla avvenuta realizzazione di un centro commerciale a Lioni in provincia di Avellino.

Purtroppo molte delle perplessità circa gli aspetti negativi della realizzazione del Global Village a Mori si sono manifestate fondate.

Speriamo che quanto verificato a Lioni non si ripeta anche a Mori e che invece sia possibile, attraverso la “”mano regolatrice” dell’amministrazione comunale, trasformare la nuova struttura in opportunità per il territorio.

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originale in:

http://www.telelioni.it/index.php?option=com_content&view=article&id=248:fornace&catid=33:politica&Itemid=50

Il Centro Commerciale “La Fornace”




lunedì 14 luglio 2008 00:00

La FornaceIl Centro Commerciale “La Fornace”, diciamocelo chiaramente, fa l’interesse di pochi e sta uccidendo il commercio locale, aggravato già da una crisi globale e vittima anche dei suoi stessi errori. Ma un insediamento di questa portata alla Stazione Sant’Angelo produce un impatto su molteplici livelli per Lioni e per tutto il bacino di utenza.

Una operazione devastante dal punto di vista commerciale: sono già visibili gli effetti negativi che un Centro Commerciale come questo comporta nel lungo periodo; un modello di insediamento che porta con sé due grossi problemi: il danno economico per i piccoli negozianti e il danno sociale per la disintegrazione del centro storico e la conseguente delocalizzazione periferica.

Dall’altra parte della bilancia dovrebbero esserci dei vantaggi per il paese di Lioni che sinceramente non si vedono.

Al Centro Commerciale “La Fornace” si accede esclusivamente con l’automobile e la spesa è rapportata unicamente alla grandezza del carrello, alla capienza del portabagagli e alla disponibilità economica di ciascun cliente.

Le opportunità per i commercianti locali presenti a destra e a sinistra del lungo viale che conduce al supermercato non sono molto vantaggiose: una volta all’interno dei centri commerciali, superata la contrapposizione tra negozio e supermercato, la grande distribuzione cerca di raggrupparli, sopprimendone la concorrenza, cercando di assorbire o attirare i piccoli esercizi nello spazio della distribuzione di massa.

In questo modo i negozi che vengono importati nella galleria del Centro Commerciale, considerato il prezzo esorbitante degli affitti, molto facilmente diventeranno parte di catene create apposta per la vendita affiancata alla grande distribuzione o in franchising. Si comporta così uno scadimento delle merci e dell’assortimento, fino a creare un ‘appiattimento’ commerciale; in questo modo, in una posizione di monopolio, possono permettersi di imporre i loro assortimenti di vendita.

Il mitico negozio sotto casa – che già opera in una situazione di profonda crisi economica – muore e con lui muore il centro storico di Lioni.

Bisogna rivitalizzare il centro del paese e creare spazi di socializzazione, ma invece che succede: si sposta il Centro nel Centro Commerciale.

Il centro di Lioni diventa periferia, la periferia, la Stazione Sant’Angelo diventa centro.

Si contribuisce a perdere la tradizione, il tessuto sociale, la chiacchierata, la socializzazione, l’incontro, il dialogo, la qualità , la solidarietà di paese; a incentivare, dall’altra parte, la divisione, l’indifferenza, la delocalizzazione periferica, la cultura della fretta e dello sconto ostentato.

In conclusione, la scelta di realizzare il Centro Commerciale non è dei cittadini e i benefici non riequilibrano adeguatamente gli effetti negativi.

E poi, come disse il saggio: “li soldi non restano a Liuni”.

Dal 1° luglio a Moena cambiano le regole del traffico : finalmente un’esperienza fattiva di buon governo locale. A quando una decisione simile per la città di Mori?

La creazione di una zona a traffico limitato,  consentita dalla presenza della nuova variante di Moena in galleria, comporterà un notevole beneficio e una maggior qualità della vita sia alla popolazione residente (minor traffico in centro e conseguentemente minor inquinamento acustico e dell’aria) che ai turisti (maggiore tranquillità e sicurezza durante le passeggiate in centro) che ai commercianti (i clienti, che potranno muoversi in libertà a piedi o in bicicletta in maggior tranquillità, saranno meno “stressati” per la ricerca di un parcheggio e di conseguenza in uno stato d’animo migliore per gli eventuali acquisti).

Finalmente una positiva “azione di governo” messa in campo da un ente locale per riappropriarsi del proprio destino.

In conclusione: a quando la decisione di intervenire sulla gestione dei flussi di traffico per migliorare la qualità della vita anche dei cittadini di Mori sfruttando appieno le opportunità fornite dalla presenza della circonvallazione di Mori?

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Il testo che segue presenta la nuova viabilità locale a Moena a partire dal prossimo 1° luglio.

originale in : http://moena.blogolandia.it/2009/06/19/dal-1%C2%B0-luglio-a-moena-cambiano-le-regole-del-traffico/

Ancora pochi giorni poi le regole del traffico all’interno del centro abitato cambieranno drasticamente, almeno per chi non è residente a Moena. Dopo vari ipotesi, dibattiti pubblici e discussioni sarà operativa, dal primo di luglio, una nuova regolamentazione del traffico interno e la creazione di una zona a traffico limitato (ztl) a fasce orarie. Un’iniziativa che per dimensioni e impatto è sconosciuta nell’orizzonte delle valli di Fiemme e Fassa. Uno strumento piuttosto energico sul fronte della lotta al traffico, possibile grazie all’entrata in funzione della nuova circonvallazione. Per i residenti non cambierà nulla. L’unico onere è stato quello di mettersi in coda davanti all’ufficio dei Vigili urbani con libretto di circolazione e carta d’identità. In cambio hanno ricevuto un “pass” numerato che permetterà di rendere riconoscibile il loro mezzo. Con questa icona ben visibile sul parabrezza potranno circolare senza limitazioni. Per chi viene dall’esterno, sia esso un turista o solamente un censito di un altro paese, le cose invece cambiano. L’accesso nord al paese è interdetto dall’intersezione con la frazione di Someda. L’ingresso dalla provinciale del passo S. Pellegrino sarà permesso fino al piazzale Navalge dove da anni esiste il più grande parcheggio pubblico del paese. Da questo punto, per i non residenti, è possibile procedere solo a piedi. Nessuna limitazione invece per chi entrerà a Moena dalla direzione sud salvo nei periodi di massimo afflusso turistico (per questa estate da luglio a fine agosto). Dalle ore 10 alle 12 e dalle 16 alle 19 non potranno circolare auto che non espongono il “pass” nel cuore di Moena cioè nel tratto compreso tra piaz de Sotegrava e Ramon. Durante la stagione estiva potrà essere effettuata un’ulteriore chiusura dalle 20.30 alle 23.00 di piazza Sotegrava e della strada lungo l’Avisio denominata “L’Vial” per manifestazioni. Questo vincolo non è continuativo ma vale per tutti: residenti e non. « Si tratta di un esperimento – spiega il sindaco Riccardo Franceschetti – e le soluzioni adottate saranno sottoposte a verifica. Anche la Polizia urbana avrà un occhio di riguardo in questa prima fase di rodaggio. L’obiettivo della giunta è quello di ridurre il traffico all’interno del paese e l’occasione è davvero propizia dopo l’entrata in servizio della nuova circonvallazione. Bisogna però creare una nuova mentalità nei censiti e negli ospiti di Moena perché possibilmente riducano l’uso del mezzo privato all’interno del paese. Tutto questo per rendere più vivibile e accogliente la nostra località turistica». Certo che ogni mutamento richiede di cambiare mentalità e comportamenti. Più delicato è il problema degli ospiti alloggiati in appartamento e preso gli alberghi. Queste strutture avranno a dispostone dei “pass” non nominativi che saranno consegnati di volta in volta agli ospiti. Certamente qualche difficoltà potrà verificarsi nel periodo di massimo afflusso turistico e che andrà segnalato per introdurre gli opportuni correttivi.

Referendum, un’arma negata

di Michele di Pisa

(originale in : http://micheledipisa.wordpress.com/2009/06/23/referendum-unarma-negata/ )

Il fallimento dell’ultimo referendum, per mancato raggiungimento del quorum, impone alcune considerazioni.
La prima concerne la disparità esistente tra coloro che sono favorevoli ad un dato quesito referendario e coloro che invece si oppongono. I primi, infatti, hanno due scogli da superare: a) convincere gli elettori a recarsi a votare, senza di che il referendum muore; b) convincerli della bontà delle proprie tesi.
Per contro, gli avversari dispongono di due armi per minare gli obiettivi dei primi: 1) il legittimo voto contrario al quesito proposto; 2) l’arma dell’astensione che, in definitiva, condiziona la validità del referendum stesso: perché un referendum sia valido spesso occorre la benevola partecipazione al voto di quanti vi si oppongono.

Si aggiunga a ciò l’indebita appropriazione, da parte degli oppositori di un referendum,  della volontà di voto di quanti fisiologicamente, in un sistema dove non esistono le liste elettorali e il voto è un diritto-dovere di ogni cittadino maggiorenne, sono soliti non partecipare ad alcuna consultazione o comunque sono costrette per i motivi più vari ad astenersi.

L’uso, spesso spregiudicato, dell’invito all’astensione è certamente un’evidente coartazione della democrazia. La disparità tra i due gruppi è stridente e, francamente, non so quanto ciò sia costituzionale. Molto probabilmente non lo è, e mi stupirei molto se questo aspetto non fosse mai stato sollevato.

I gruppi politici o d’opinione che ricorrono a questo meschino machiavellismo dimostrano un evidente disprezzo per lo spirito profondo della democrazia e l’elettore maturo farebbe bene a ripagarli con la stessa moneta.

Una seconda considerazione concerne la segretezza del voto, ampiamente violata e violabile qualora si vogliano monitorare gli orientamenti politici dei votanti sulla base della partecipazione ad un referendum, essendo ormai quasi scontato che il prendervi parte rappresenti un’esplicita scelta di campo. Anche in questa ottica appare evidente una grave violazione d’un principio costituzionale: quello della segretezza del voto

Per ovviare ad alcune di queste storture, c’è chi propone l’abbassamento della soglia del quorum. Altri, invece, invocano dei rarificarne l’evenienza, magari elevando il numero delle firme necessarie per la proposizione.

Francamente non condivido nessuna delle due posizioni e continuo a sognare un paese dove le date per le consultazioni elettorali non vengano scelte dalle maggioranze al potere in base a meri e contingenti tornaconti, alle previsioni sulle voglie di mare, e comunque con il chiaro intento di condizionarne il risultato.

Sogno un paese dove una legge generale (e non modificabile in base alle previsioni meteorologiche) stabilisca la giornata elettorale dell’anno una volta per tutte, sicché tutte le consultazioni, di qualsiasi tipo ordine e grado, si svolgano in quella data prefissata e immodificabile, comprese le consultazioni referendarie senza che alcun elettore possa ricorrere alla furbizia di rifiutare una scheda e di portarsi assente per una delle elezioni previste, pur essendo presente e votante per le altre.

Non sono d’accordo neppure con coloro che ritengono eccessivo il ricorso che in questi ultimi decenni si è fatto al referendum: uno strumento al quale, invece, non si ricorre mai troppo, se penso alle decine e decine di quesiti referendari ai quali sono chiamati a dare risposte, in occasione delle giornate elettorali, ad esempio, i cittadini statunitensi.

Per non essere frainteso, tengo a precisare che dei quesiti referendari appena bocciati, solo uno mi convinceva del tutto (quello sul divieto delle candidature plurime).
Per quanto concerne i primi due, pur non essendo un proporzionalista a 360 gradi, è il concetto stesso di “premio di maggioranza” che mi lascia perplesso.
Ogni mezzo deve essere adeguato al suo scopo. La tecnica elettorale, pertanto, non può prescindere dai compiti dell’organismo da eleggere. Così, per un consesso di tipo puramente amministrativo (come un organismo di governo locale o una Camera Bassa, deputata al solo indirizzamento e controllo dell’attività governativa) non trovo per nulla scandaloso un sistema maggioritario secco, basato su piccoli collegi nominali, dove i candidati sono soprattutto “persone” che dichiarano di riconoscersi in un partito senza essere da questi necessariamente designati. Il cercare di raggiungere lo stesso scopo con discutibili soglie di sbarramento o premi al vincitore relativo, mi sembra un’inutile orpello.
Al contrario, non saprei trovare soluzioni diverse da un rigido sistema proporzionale (con candidati designati da un meccanismo di primarie) per una Camera Alta la cui unica attività consista nell’emanazione di Leggi Etiche. Che sono cosa diversa e per n nulla collegabili, mettiamo, col volere fare un ponte o un’autostrada.

L’albergo diffuso

di Laura Galassi da Vita Trentina del 15 aprile 2009

L’albergo diffuso è un modello di ospitalità turistica che punta a mettere in rete diverse proprietà private, senza costruire nuove strutture ma ristrutturando quelle già presenti. I servizi di ristorazione ed intrattenimento vengono fruiti dal turista direttamente sul territorio.

In questo modo l’albergo diffuso funge da presidio sociale, animando i paesi e generando indotto economico. Il visitatore ha inoltre la possibilità di conoscere veramente il territorio.

Global Village 3 : La crisi dei piccoli negozi, tante chiusure in centro

di Michele Comper (da L’Adige di Mercoledì 17 giugno 2009)

Sabato sera le serrande della rivendita Sav di piazza Cal di Ponte si sono abbassate per l’ultima volta. Una parte dei prodotti saranno sugli scaffali della famiglia cooperativa, soluzione già sperimentata altrove e legata alle note difficoltà della Società agricoltori Vallagarina, ma sono almeno due gli altri negozi del centro storico che s’apprestano a mettere fine all’attività. Una lunga, inarrestabile agonia, quella del piccolo centro moriano, che pur in atto da tempo (e legata a dinamiche ben più ampie), per molti è difficile non mettere in relazione alla nascita del mega centro polifunzionale nell’area Pgz9. Dove – accanto ad un’infinità di attrattive e servizi – sono previsti quasi 60 nuovi negozi di tutte le taglie. Dal negozietto di vicinato, stile piccola frazione, al megastore tipo Affi.

«Già l’apertura del Millennium ha fatto calare il numero di clienti – racconta Fioravante Bertolli che assieme al padre porta avanti un negozio di elettrodomestici nella centralissima via Gustavo Modena – è inevitabile che col nuovo centro la situazione peggiori ancora. E i margini di guadagno, già minimi, si assottigliano. Per noi, se là apre un qualche soggetto concorrente, saranno davvero dolori. Ma non la vedo bene neppure per chi aprirà al Pgz9: basta guardare il continuo turn-over al Millennium, dove solo le grandi catene ce la fanno, mentre per i piccoli è dura. Ci sono un sacco di spese in più, e un tipo di clientela che guarda soprattutto al prezzo». «I clienti qua sono sempre gli stessi – dice Edo Furlini, che dal 1982 ha una ferramenta su piazza Cal di Ponte – e a forza di centri commerciali saremo tutti costretti a chiudere. È una vergogna. Anche per lo scempio ambientale: ettari ed ettari di cemento al posto delle campagne. E per i clienti nessun servizio: compri leggendo la confezione e poi ti devi arrangiare. Mentre noi siamo in grado di dare un consiglio, e se poi qualcosa non va, siamo sempre qui, con la nostra faccia».

«C’è anche una dimensione umana, nei nostri negozi – dice Cristina Gerola (ha una piccola boutique sulla piazza) – che andrà scomparendo. Le quattro chiacchiere, il legame con il tuo paese. Mori così rischia di diventare un dormitorio».

Pessimista anche Maria Grazia Magagnotti (anche lei ha un negozio di moda) che definisce «catastrofica» la situazione: «I miei clienti me li sono conquistati in anni di lavoro serio – dice – ma è chiaro che nel nuovo centro saranno attirati da tutte quelle proposte. E una volta là, compreranno tutto quello di cui hanno bisogno. Sono contraria anche al modello di vita che questi centri impongono a noi negozianti: orari lunghi, lavoro di sabato e domenica, rapporti impersonali e alienanti».

Serena Chizzola (gestisce l’edicola di via Modena) è uno dei negozianti che medita di chiudere: «Lo faccio per motivi non legati al nuovo centro – dice – ma è chiaro che di questo passo molti altri saranno costretti a farlo. Per noi il giro di clienti è sempre quello, e ad ogni centro commerciale che apre, i clienti diminuiscono».

Mario Regolini medita di cambiare completamente attività (la sua fioreria è all’imbocco di via Modena): «Ho molti dubbi anche sulla validità sociale di questi centri – dice – perché l’unica cosa certa è che a guadagnarci, e molto, sono i costruttori. Mentre a perderci sono in tanti. Lo vedi dalla grande rotazione al Millennium che qualcosa in questo sistema non va».