"Ingegnere per vocazione, fotografo per passione"
 

“Ipotesi per la descrizione di un paesaggio” di Italo Calvino

“Ogni volta che ho provato a descrivere un paesaggio, il metodo da seguire nella descrizione diventa altrettanto importante che il paesaggio descritto: si comincia credendo che l’operazione sia semplice, delimitare un pezzo di spazio e dire tutto ciò che vi si vede; ma ecco che subito devo decidere se ciò che vedo lo vedo stando fermo, come di solito stanno i pittori, o almeno stavano, al tempo in cui i pittori dipingevano paesaggi dal vero – tempo che è durato tre secoli a dir tanto, cioè una fase molto breve della storia della pittura – oppure lo vedo spostandomi da un punto all’altro entro questo pezzo di spazio in modo da poter dire quello che vedo da punti diversi, cioè moltiplicando i punti di vista all’interno di uno spazio tridimensionale. Questo secondo sistema si presenta come il più giusto quando si tratta di uno spazio piuttosto ampio, che l’occhio non può abbracciare in un solo sguardo; e d’altra parte lo scrivere è un’operazione di movimento di per se.

Anche se adesso che sono seduto qui a scrivere sembro fermo, sono gli occhi a muoversi, gli occhi esteriori che corrono avanti e indietro seguendo la linea di lettere che corre da un margine all’ altro del foglio, e gli occhi interiori che anche loro corrono avanti e indietro tra le cose sparpagliate della memoria, e cercano di dare loro una successione, di tracciare una linea tra i punti discontinui che la memoria conserva isolati, strappati dalla vera esperienza dello spazio; devo ricostruire una continuità che si è cancellata nella memoria con l’orma dei miei passi o delle ruote che mi portavano lungo percorsi compiuti una volta o centinaia di volte. Dunque è naturale che una descrizione scritta sia un’operazione che distende lo spazio nel tempo, a differenza di un quadro o più ancora di una fotografia che concentra il tempo in una frazione di secondo fino a farlo sparire come se lo spazio potesse esistere da solo e bastare a se stesso.

Ma bisogna subito dire che mentre io scorro nel paesaggio per descriverlo come risulta dai diversi punti del suo spazio, naturalmente è anche nel tempo che scorro, cioè descrivo il paesaggio come risulta nei diversi momenti del tempo che impiego spostandomi. Perciò una descrizione di paesaggio, essendo carica di temporalità, è sempre racconto: c’è un io in movimento, e ogni elemento del paesaggio è carico di una sua temporalità cioè della possibilità d’ essere descritto in un altro momento presente o futuro.”

di Italo Calvino

MORI | Via Roma

Foto | Photo 2021 © Guido Benedetti

MORI | Via Teatro

Foto | Photo 2021 © Guido Benedetti

Il paesaggio valica un nuovo passo

Rileggendo alcuni passi del libro PhotoPaysage suggeritomi qualche mese fa da Giovanni Cecchinato, mi ha colpito piacevolmente il seguente passaggio:
Il paesaggio valica un nuovo passo: non è più così soltanto il quadro e nemmeno la realtà di una distesa offerta alla vista, ma un avvenire, un appello alla partecipazione del corpo.
Diventa odore, ricordo, gusto, stanchezza, soffio di vento sulla pelle, calore, siccità, freddo intenso, neve, pioggia e tempesta… Tutti i sensi sono chiamati in causa.”

Il paesaggio che resiste. La Val di Gresta, 40 anni dopo (di Marco Pontoni)

Come cambia il paesaggio rurale quando lo sviluppo incalza? Come cambia ad esempio quello della “valle degli orti” trentina per eccellenza, la val di Gresta? Se lo  era chiesto il geografo triestino Alessandro Cucagna, glorioso esempio di studioso e cattedratico “mitteleuropeo”, classe 1917, che nel l977-78 visitò a più riprese il Trentino meridionale ed in particolare i territori delle sette comunità che appartenevano all’antica pieve di Gardumo. “Questo paesaggio agrario – scrisse nei suoi appunti – così ricco di contrasti, è lo specchio fedele di un gruppo umano che in parte è rimasto contadino (…) e in parte gravita sulle industrie di Mori o della cintura roveretana, cioè è costituito da operai che fanno i contadini part time”. A 40 anni di distanza Guido Benedetti continua a tornare in quei luoghi armato della sua macchina fotografica e della sua passione per il territorio. Dal suo percorso è nata anche una mostra e poi il libro Gardumo 77.78 – 17.18

Benedetti, la prima cosa che colpisce della sua ricerca fotografica è che non è mai oleografica. Nelle sue foto ci sono sia il bel bosco che la casa o il viadotto. Insomma, il paesaggio umanizzato. Qual è la “filosofia” che sta dietro i suoi scatti?

Il protagonista dei miei lavori è sempre il territorio in cui vivo, che racconto cercando di cogliere alcuni frammenti della realtà quotidiana. Cerco di valorizzare all’interno del fotogramma, con inquadrature e tagli particolari, quello che in realtà si offre allo sguardo di tutti ma a cui, normalmente, non si presta particolare attenzione.

Com’è iniziata la sua ricerca in val di Gresta?

L’idea era quella di esplorare questo territorio così particolare facendomi accompagnare da alcuni documenti del geografo Alessandro Cucagna. La riscoperta dei suoi scritti mi ha portato a cercare di trasformare in fotografie le emozioni che via via prendevano piede in me nel corso della lettura. Visto, poi, che il suo diario risaliva a circa a 40 anni fa, ho pianificato il mio lavoro seguendo sia il percorso fisico che quello temporale di Cucagna rispettando, per quanto possibile, anche le date delle sue uscite sul territorio.

Chi era Alessandro Cucagna, a cui ha dedicato un libro?

Alessandro Cucagna è stato un grande geografo triestino, che divenne anche direttore dell’Istituto di Geografia dell’università di Trieste. Nel 1972, per ragioni familiari, rivolse la propria attenzione al Trentino, in particolare alla Vallagarina, alla valle di Gresta e alle valli del Leno. Se all’inizio Cucagna era, per me, il “professore” dal quale imparare un metodo per studiare un territorio, attraverso fonti scritte e iconografiche ma anche sviluppando un rapporto diretto con gli abitanti incontrati nei molti sopralluoghi, poi “Alessandro”, scomparso nel 1987, è diventato l’amico con il quale, oltre a condividere la passione per la cartografia storica, ho deciso di dare vita al libro che ritengo quindi essere frutto di un lavoro “a 4 mani”.

La domanda è d’obbligo: quanto è cambiato il paesaggio della valle di Gresta negli ultimi 40 anni?

Il territorio della valle di Gresta in realtà in questi 40 anni non ha subito cambiamenti radicali, rimanendo ai margini dei cambiamenti che hanno invece toccato altre località del Trentino. Ciò rappresenta sicuramente un fattore positivo perché, oggi, con una sensibilità ecologica molto più diffusa rispetto al passato, è possibile puntare ad uno sviluppo della valle equilibrato e ambientalmente sostenibile, limitando gli effetti negativi che altre località stanno scontando.

Estratto da Trentino Mese di maggio 2021

Originale su https://www.tm-online.it/il-paesaggio-che-resiste-la-val-di-gresta-40-anni-dopo/.

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Autore:

Marco Pontoni

Bolzanino di nascita, trentino d’adozione, cittadino del mondo per vocazione. Liceo classico, laurea in Scienze politiche, giornalista dai primi anni 90. Amori dichiarati: letteratura, viaggi, la vita interiore. Ha pubblicato il romanzo “Music Box” e la raccolta di racconti “Vengo via con te”, ha vinto il Frontiere Grenzen ed è stato finalista al premio Calvino. Ma il meglio deve ancora venire.

Scrivi a gardumo@guidobenedetti.it per acquistare una copia del libro.