Guido Benedetti

"Ingegnere per vocazione, fotografo per passione"
 
LAVORI IN EVIDENZA

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PRINCIPALI LAVORI

Ricerche di territorio a più sguardi:

SGUARDI SUL MONTE BONDONE | Un’indagine fotografica tra nuove residenzialità, turismo e natura | ©2019

immagini di Guido BENEDETTI | Luca CHISTÈ | Mattia DORI
a cura di Alessandro Franceschini

Nell’ambito della XX Borsa Internazionale del Turismo Montano (B.I.T.M.), tenutasi a Trento dal 24 al 27 settembre, quale evento clou della manifestazione, si è tenuta una rassegna monografica dedicata al Monte Bondone

La rassegna, che ha fatto seguito alle indagini condotte sulla » Valle del Vanoi e sulle infrastrutture turistiche di Marilleva 900 e 1400 della Val di Sole (progetti espositivi legati alle due trascorse edizioni del B.I.T.M.), nel 2019 ha volto il proprio sguardo, includendo due nuovi fotografi, al Monte Bondone: Guido Benedetti e Mattia Dori.

L’esposizione è stata inaugurata e proposta a partire da LUNEDÌ 23 settembre 2019 (e rimasta aperta fino al successivo 10 ottobre) nelle prestigiose sale di Palazzo Roccabruna di Trento.

Il piano d’indagine, coordinato dall’arch. Alessandro Franceschini, ha previsto una serie di riprese realizzate nell’arco temporale di oltre un anno ed ha avuto quale obiettivo una riflessione sulla dimensione urbanistica, antropica e naturalistica del territorio del Bondone, attraverso la lettura visiva del rapporto che esso intrattiene con coloro che hanno deciso di risiedervi o che lo frequentano per ragioni turistiche, naturalistiche e per lo sport.

La rassegna, proposta anche su catalogo (BQE Edizioni), si è sviluppata, grazie all’esposizione di 45 stampe fineart in grande formato prodotte dagli stessi autori, lungo tre macro-direttrici tematiche proposte da ciascun autore.

Giova ricordare che il Monte Bondone rappresenta una realtà complessa, sia per le articolazioni che ne caratterizzano la morfologia, sia per le “funzioni”, insediativo/residenziali e turistiche che, nel bene e nel male, ne hanno connotato la genesi, fortemente influenzato lo sviluppo e determinato l’attuale configurazione urbanistica ed ambientale.

Sistematicamente in bilico fra due diverse istanze, quella insediativa e quella turistica, con progettualità strategiche non sempre chiare, né tantomeno lineari o integrantesi fra di loro, il Monte Bondone, si presta ad essere, con l’uso di una lettura stratificata, composita e multidimensionale, una realtà decisamente interessante.

Per fare emergere le diverse dimensioni di questo vasto areale geografico e naturalistico, sono stati chiamati all’opera tre diversi fotografi, le cui identità stilistiche, piuttosto differenziate, hanno tracciato un articolato itinerario visivo dello scenario antropico, paesaggistico/naturale e turistico del Monte Bondone.

GUIDO BENEDETTI | La riconquista insediativa

La “riconquista” insediativa. Verso un nuovo modello di abitare. Se un tempo il Bondone era luogo di frequentazione dei “bondoneri”, ossia persone che in questo contesto avevano prevalentemente riposto le loro risorse per erigere una “seconda” casa, ad uso prevalentemente turistico o per lo sci, oggi, molte persone, in accordo a nuovi paradigmi esistenziali, marcatamente “green-oriented” o semplicemente ispirati dall’idea di vivere un’esistenza avulsa dalla frenesia quotidiana, scelgono di trasferirsi in Bondone non per finalità ludico-sportive, ma per viverci tutto l’anno. Soprattutto la “parte bassa” del Bondone, a partire dalla zona di Candriai, divengono luoghi per una nuova – e stabile – residenza, talvolta immaginata a stretto ridosso degli habitat più naturalistici e selvatici della parte boschiva. Il lavoro fotografico di Guido Benedetti, muovendo da queste nuove istanze, descrive e di rende visivamente conto di queste sopravvenute “identità urbane”, che rappresentano una interessante rifunzionalizzazione dello spazio antropico del Bondone e una “riconquista” di un territorio apparentemente dismesso da tempo.

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VAL DI RABBI | Identità, luoghi e natura | ©2020

immagini di Guido BENEDETTI | Luca CHISTÈ | Mattia DORI
a cura di Alessandro Franceschini

Proseguendo nella propria tradizione iconografica, volta a creare una collana di immagini su alcuni dei più intriganti territori turistici del Trentino, la BITM, avvalendosi del contributo dei tre fotografi trentini già impegnati lo scorso anno nel lavoro d’investigazione fotografica sul Monte Bondone e, negli anni precedenti, con le ricerche condotte sulla Valle del Vanoi e Marilleva con Luca Chistè, volge ora il proprio sguardo ad una valle le cui peculiarità ambientali, naturalistiche e paesaggistiche, sono uniche.

Facente parte integrante di un habitat protetto e pressoché integrata nel Parco Naturale dello Stelvio, la Val di Rabbi offre sia ai propri abitanti, sia ai numerosi visitatori che la frequentano, scenari di splendida e selvaggia bellezza, rispetto per l’ambiente e tutela dei valori.

La Val di Rabbi, laterale alla Valle di Sole, con disposizione Nord-Sud e interamente percorsa dal torrente Rabbies, presenta una classica conformazione a V, con ripidi fianchi boscosi e rocciosi, prateria sul fondovalle, interessata nel tempo da varie conoidi alluvionali e canaloni di valanga, testimonianze dell’impatto che la natura esercita sul territorio.

Scelta dalla BITM quale luogo ideale per intercettare quel bisogno di sostenibilità, quiete e intimistico isolamento (qui inteso in un’accezione positiva del termine) derivante dall’epoca post Covid19, la Val di Rabbi, con la sua particolare configurazione morfologica, rappresenta un importante punto di riferimento per ripensare ad una nuova progettualità turistica, pienamente coerente con le emergenti istanze storico/sociali.

In questo splendido spazio alpino, infatti, tradizioni contadine e le attività rivolte all’allevamento, hanno saputo fondersi, con rara coerenza, con le nuove istanze di sostenibilità e le richieste di sviluppo del territorio equilibrato e ragionato.

Anche i processi di antropizzazione, pur non facendo mancare talvolta elementi di riflessione come accade in qualunque altro contesto turistico, nel loro rapporto con il paesaggio, si sono sviluppati lungo direttrici capaci di reclutare quella “grammatica del territorio”, basata sull’impiego di specifici materiali (il legno e la pietra in primis) e di antichi saperi, conformandosi ad un modello di sviluppo che vede, soprattutto nella tradizione, il suo elemento connotativo più acuto.

È su questi fondanti tratti identitari della Val di Rabbi, che ai tre fotografi è stato chiesto di indagare il territorio, attraverso una lettura che sia il più stratificata possibile e coerente con le loro specifiche identità contenutistiche e calligrafiche.

Per questo nuovo e sfidante lavoro monografico di BITM, le aree tematiche previste sono le seguenti:

  • quella legate alla tradizione e all’impiego di specifici materiali nelle diverse identità abitative, in grado di restituire le competenze progettuali e costruttive delle genti della Val di Rabbi, sono l’oggetto del lavoro di Guido Benedetti;
  • la lettura del paesaggio, la dimensione antropica e architettonica, comprendente anche alcune incursioni visive legate al turismo, sono l’area di investigazione tematica di Luca Chistè;
  • la dimensione più propriamente naturalistico/faunistica, soprattutto nel paesaggio in quarta e all’interno del Parco dello Stelvio, invece, è la chiave di lettura offerta dal fotografo naturalista Mattia Dori.

Le 45 immagini che compongo il tessuto della rassegna, interamente in catalogo, arricchito con ulteriori immagini di approfondimento, sono state stampate in grande formato e con tecnica fineart.

GUIDO BENEDETTI | La grammatica del territorio

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VALLE DEI MOCHENI | Ricerche e percorsi visivi sulla valle incantata | ©2021

immagini di Guido BENEDETTI | Luca CHISTÈ | Francesco FRANZOI | Michele VETTORAZZI
a cura di Alessandro Franceschini

La Valle dei Mòcheni, abitualmente chiamata dai residenti e da coloro che la frequentano la “valle incantata”, rappresenta un areale di grande interesse etnografico, naturalistico ed economico.
Per questa rassegna — inserita nella progettualità della B.I.T.M. edizione 2021 — sono stati chiamati ad interpretare il paesaggio mòcheno, da una poliedricità di punti di vista, quattro autori: Guido Benedetti, Luca Chistè, Francesco Franzoi e Michele Vettorazzi.
L’impostazione del lavoro, tenuto conto delle diverse cifre autoriali espresse da ciascun interprete, ha permesso di ottenere una articolazione tematico-interpretativa della “valle incantata”, basata sull’impiego di quattro diverse indagini.
Per Guido Benedetti, una lettura del tessuto urbano di alcuni areali della valle, compiuta, con una lettura comparativa delle vecchie mappe catastali, volta a significare ciò che è stato costruito, ricostruito e ciò che è andato perduto o che sopravvive all’incedere del tempo.
Per Luca Chistè, un’indagine su uno dei fenomeni che più impattano, dal punto di vista antropico, sulla percezione del paesaggio della Valle dei Mòcheni: lo sviluppo della coltivazione dei piccoli frutti, raccontati in termini di “processo” e di “impatto” visivo.
Francesco Franzoi, con un lavoro dedicato integralmente alle persone e ad alcune attività artigianali che caratterizzano la valle.
Infine, gli splendidi scenari registrati in alta quota con l’impiego calligrafico del bianco/nero, da parte di Michele Vettorazzi.

GUIDO BENEDETTI | Conservazione e trasformazione di un territorio storico antropizzato

Il lavoro parte dalla ricerca storica effettuata sulle prime mappe catastale disponibili (ultimate per il territorio del Tirolo nel 1861) che ha consentito di evidenziare i siti e gli edifici già esistenti a quella data e le loro caratteristiche costruttive di massima (in legno o in mattoni).
La sovrapposizione degli areali così individuati con le ortofoto più recenti ha poi permesso di identificare gli edifici storici presenti a tutt’oggi ed individuare eventualmente le zone aperte corrispondenti a vecchi edifici non più esistenti.
A partire dalla ricerca storica effettuata, che ha permesso di evidenziare molto chiaramente l’evoluzione del tessuto costruito con una visione zenitale del terreno, la ricerca fotografica condotta ha voluto affiancare a questa visione perfettamente zenitale (che ha sicuramente molti pregi tra i quali quello di rappresentare oggettivamente quello che oggi viene chiamato “consumo di suolo” e quindi di cogliere perfettamente un dato di tipo quantitativo) una visione orizzontale che, a parere dell’autore, è in grado di cogliere più chiaramente il mutamento qualitativo delle costruzioni.
In questo modo si consente a chi osserva le immagini di entrare quasi fisicamente all’interno dei piccoli centri abitati oggetto della ricerca in modo da apprezzare in questo modo sia gli edifici storici giunti fino a noi nella loro condizione primitiva che gli edifici oggetto di risanamento e di riammodernamento cogliendo il permanere dello schema distributivo riportato sulle mappe storiche risalenti al 1861 e le tracce lasciate sugli stabili sia da interventi di manutenzione straordinaria che da interventi di miglioria generali o puntuali in cui si assiste all’uso di nuovi materiali affiancati a quelli tradizionali e all’integrazione di nuove funzioni all’interno degli edifici.

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ALBERI IN CITTÀ | la città (in)visibile | ©2022

immagini di Dalila BECECCHI | Guido BENEDETTI | Luca CHISTÈ | Francesco FRANZOI
a cura di Giovanna Ulrici, Stefano Albergoni e Luca Chistè

La mostra fotografica Alberi in città è stata ideata al termine del percorso di lavoro svolto nell’ambito del progetto europeo Alptrees, dedicato alle specie arboree non native e agli impatti climatici nel territorio alpino. Tra i paesaggi onirici di LUCA CHISTÈ, le analisi urbane di GUIDO BENEDETTI, i giganti accudenti di FRANCESCO FRANZOI e le poesie nel dettaglio di DALILA BECECCHI, si dipanano quattro percorsi di ricerca e di scoperta degli alberi urbani.
Si tratta di un doveroso omaggio alla popolazione vegetale che abita gli spazi della città, attraverso un linguaggio per immagini di sorprendenti opere d’arte naturali. A volte, forzati e costretti in luoghi impropri, sono minaccia, impedimento, inciampo. Altre volte, protagonisti assoluti di spazi di comunità, sono benessere, consolazione, gioia. In ogni caso gli alberi della città sono dispositivi di vita sostenibile, fondamenta del suolo, regolatori di economia idrica, di raffrescamento, di energia chimica e di ossigeno.
Nella sala della mostra sono proposti TRE INCONTRI DI ECOLOGIA URBANA: si parla della casa che è la nostra città e territorio, presentando alcuni dei lavori svolti per Alptrees in cui la cura e il sapere degli alberi rappresentano un progetto e un impegno pubblico.
[Giovanna Ulrici]

DALILA BECECCHI
«Forme e pelle degli alberi»

«FORME E PELLE DEGLI ALBERI»
Dalila BECECCHI // 2022 // ©

A incontrare l’essenza e l’anima degli alberi, con un linguaggio asciutto e introspettivo, reso possibile dalla scelta calligrafica del bianco/nero, ci aiuta il lavoro, intimo e delicato, di Dalila Bececchi. Un’autrice che non è nuova a questo tipo di indagini, già consolidate anche in pregresse esperienze espositive.
Basandosi su un’interpretazione personale, molto vibrante e acuta, con tratti di autentica empatia con le forme degli alberi, questa autrice ne disvela la loro intima essenza, conducendo anche gli osservatori più distratti dentro la pelle degli alberi, la loro storia, le loro radici.
Un percorso visivo che ci permette, grazie alla tipologia e alla natura dei contrasti impiegati, di entrare in sintonia con le forme degli alberi, che si attorcigliano, si contorcono, si distendono. Alberi che respirano, ossigenano, e che, nelle immagini di questa fotografa, lasciano intravedere, anche dalla complessità delle loro forme, quanto viva possa essere la materia di cui si compongono e quanto essi siano importanti, anche nelle realtà urbane, per il nostro benessere psico-fisico.

GUIDO BENEDETTI
«Alberi nell’estetica urbana»

«ALBERI NELL’ESTETICA URBANA»
Guido BENEDETTI // 2022 // ©

Guido Benedetti ci accompagna nella perlustrazione dello spazio urbano cittadino, di cui gli alberi costituiscono una parte evidente, sia in termini identitari, sia come micro-contesti nell’ambito dei quali i cittadini sperimentano quel diffuso sistema di “caring ambientale”, che è tratto peculiare della città di Trento.
Essenziali e rigorose, le inquadrature di Guido Benedetti, con la loro cifra documentaria, offrono una lettura degli spazi urbani dedicati agli alberi entro la quale la cifra stilistica di questo autore viene esercitata ricercando composizioni e simmetrie formali, a forte valenza geometrica e prospettica, capaci di restituirci quell’ininterrotto dialogo che, i luoghi del verde, intrattengono con le strutture dell’abitare un territorio.
Una sequenza colta con il rigore della fotografia documentaria e con la valenza interpretativa da parte di chi, in più di una circostanza, si è dimostrato in grado di leggere il territorio e di rappresentarlo, visivamente, con l’ausilio di precise e strutturate coordinate metodologiche di analisi.

LUCA CHISTÈ
«Trento, città d’alberi»

«TRENTO CITTÀ D’ALBERI»
Luca CHISTÈ // 2022 // ©

Questo lavoro è volto a chiarire la relazione esistente fra il paesaggio (antropico od urbano), in termini di percezione, e coloro che lo osservano o lo vivono nelle ore notturne. La specificità delle luci, delle atmosfere – silenti e rarefatte – dei parchi o di molte aree verdi urbane, ci permette di apprezzare l’esistenza degli alberi come entità che, in qualche modo, offrono una cifra articolata della loro importanza per il nostro tessuto urbano e per la qualità della nostra vita.
Le ore notturne, sia per il paesaggio in generale, sia per gli spazi verdi in particolare – siano essi parchi o alberi utilizzati come semplici elementi di arredo urbano – ci offrono la possibilità di esperire, con questi luoghi, una relazione unica, basata su una diversa predisposizione mentale e psicologica, aiutandoci a ridefinire il modo stesso in cui concepiamo il rapporto fra lo spazio dove abitiamo e le aree verdi. L’indagine, condotta dalle ore del crepuscolo e fino a notte fonda, ha colto luci e atmosfere che sembrano svelare il misterioso legame che la natura selvaggia intrattiene con la città.

FRANCESCO FRANZOI
«Vivere gli alberi»

«VIVERE GLI ALBERI»
Francesco FRANZOI // 2022 // ©

Da sempre legato a temi narrativi di forte ispirazione reportistica o del “daily life”, Francesco Franzoi, sia in termini contenutistici, sia in termini calligrafici, offre una lettura acuta e originale di questo tema, regalandoci una serie di immagini capaci di mettere in relazione gli alberi e gli spazi verdi intesi come spazi di comunità.
Scatti per lo più “rubati”, frutto di appostamenti e mai banali. Immagini pensate per far capire, sia in termini sociali, sia in relazione alle attività di pianificazione delle aree verdi da parte delle istituzioni, quanto essi siano importanti per la qualità della vita e del nostro tempo libero.
Come nel caso di Dalila Bececchi, anche questo autore, al fine di permettere la massima focalizzazione sul tema, favorendo una lettura quanto più accurata del legame esistente fra le persone e gli alberi, fa impiego di un bianco/nero rigoroso e bilanciato, capace di rifuggire da facili e prevedibili soluzioni grafico/estetiche.
Pienamente iscritte dentro una forma di narrazione basata sull’immediatezza e la semplicità, le fotografie di Francesco Franzoi, ci raccontano di come le cose appaiono e, in questo specifico caso, così come reso evidente dal percorso espositivo generale, di quanto sia “strategico” e rilevante lo spazio verde pubblico, di cui gli alberi costituiscono l’accentuazione più evidente e caratteristica.

GUIDO BENEDETTI | Alberi nell’estetica urbana – le 8 immagini della serie:

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Libri

“La fotografia può servire come uno sguardo non scientifico, ma impegnato, “artistico”, quasi a rivelare una realtà che magari è protetta e giace nascosta nel mondo che sta davanti a noi”. - Gabriele Basilico